Nessuna epoca umana ha raggiunto l’unità tecnica concreta e universalmente effettiva quanto la nostra, che ha reso possibile un collegamento quasi istantaneo e geograficamente sparso al di là di barriere politiche, religiose e statali. Ciò riguarda anche quello che è la eredità culturale del nostro passato che, almeno potenzialmente, raggiunge tutti coloro che hanno interesse a riscoprirlo, addentrandosi nel mondo della sua materialità di testimoni scritti e fondandosi su fonti di prima mano. La rivoluzione digitale ha reso possibile aver a disposizione miliardi di documenti, cosa impossibile alla generazione passata.
Questo è anche il caso degli archivi ebraici, di cui parliamo in questa nota. Il dipartimento degli archivi della Biblioteca Nazionale d’Israele (NLI) conserva più di 200 lasciti e collezioni di ebrei provenienti da Paesi di lingua tedesca. Alcuni di essi risalgono alla fase iniziale del consolidamento come Biblioteca Nazionale e Universitaria Ebraica e costituiscono una parte significativa del materiale archivistico totale disponibile. Molti dei fondi sono stati salvati dalla furia distruttrice europea, spesso in modo avventuroso durante e dopo l’era nazista e sono arrivati in Israele in parte con e in parte indipendentemente dai loro autori. Si tratta di testimonianze letterarie ed erudite dell’ebraismo di lingua tedesca e della sua storia estremamente movimentata nei secoli XIX e XX. La particolare importanza dell’accesso agli archivi è stata ripetutamente sottolineata dai politici in passato, anche se non sono state prese misure concrete.
Adesso c’è stato un cambiamento efficace. Veltri aveva iniziato il processo di digitalizzazione all’inizio del millennio con il lascito di Leopold Zunz, storico, filologo e fondatore della Wissenschaft des Judentums (“La scienza dell’ebraismo”). È stato digitalizzato e catalogato l’intero lascito di più di 30.000 immagini (www.jewish-archives.org). Con aiuto del “programma d’eccellenza” federale, gestito dall’università di Amburgo (“Understanding Written Artefacts”: https://www.csmc.uni-hamburg.de/written-artefacts/research-fields/field-e/rfe10.html) è stato reso possibile continuare questo lavoro digitalizzando altri 24 archivi (tra cui quello di Gershom Scholem, Martin Buber, Ernst Simon, Gustav Landauer etc.) e conducendo lavori di ricerca, che son cominciati con Libera Pisano ed ora proseguono con Sebastian Schirrmeister, coautore di questo contributo. Il progetto, iniziato ad Amburgo, esplora l’interconnessione tra materialità ed il cambio e costruzione di identità attraverso un’analisi materialistica profonda e approfondita di alcuni archivi e collezioni. Il progetto intende mettere in luce una generazione di studiosi e scrittori ebrei tedeschi del XIX e XX secolo ed esaminare le loro implicazioni di vasta portata, anche per la costruzione dell’identità dopo la Shoah. Questa prospettiva può colmare il divario esistente tra la ricerca teorica sugli archivi e l’archiviazione e lo studio del caso particolare dei pensatori ebrei tedeschi, aprendo nuove strade di ricerca.
Che questo lavoro non interessi solo gli studiosi della storia ashkenazita, ma anche tutta la storia e la cultura del periodo interessato lo dimostra una pagina, che per ragioni di copyright non possiamo pubblicare, della Società Ebraica Italiana (ARC. 4* 1751 02 2176) e indirizzata a Ernst Simon, un filosofo, pedagogo nonché storico che emigrò nell’allora mandato nel 1928. Nella sua lettera dell’11 febbraio 1947, Meir (Mario) Padoa riferisce di come il musicologo Dr. Leo Levi, anch’egli emigrato in Palestina nel 1935, abbia promosso la rinascita della cultura e dell’educazione ebraica in Italia come inviato della Società. L’organizzazione di campi per giovani e seminari per insegnanti e la comunicazione tra le varie istituzioni esistenti con riferimento alla vita culturale ebraica nell’Italia prebellica, gettano una luce interessante sul particolare momento storico tra la fine della guerra e la fondazione dello Stato di Israele. Sembra anche una sorta di lettera di raccomandazione per Leo Levi, forse in vista della posizione di Simon come professore all’Università Ebraica. La risposta di Simon non si è conservata. Tuttavia, egli segnò un passaggio del testo e aggiunse alla lettera l’annotazione in ebraico “materiale interessante”.