
Fonti da Gaza riportano che è stato eliminato Mahmoud Afana, il terrorista che il 7 ottobre aveva chiamato i genitori dal kibbutz israeliano Mefalsim, urlando con orgoglio di aver massacrato dieci ebrei con le proprie mani. Una registrazione, recuperata dallo Shin Bet e dall’IDF dal telefono di una delle vittime, documenta l’agghiacciante conversazione tra lui e la sua famiglia a Gaza.
Il terrorista, con voce esaltata, dice al padre: «Sto parlando con te dal telefono di un’ebrea, l’ho uccisa lei e suo marito. Con le mie mani ne ho uccisi dieci!». Il padre lo benedice: «Che Dio ti protegga». Afana insiste: «Il loro sangue è sulle mie mani. Passami la mamma». La madre, invece di inorridire, lo incoraggia: «Oh figlio mio, che Dio ti protegga».
Non basta. Poco dopo la madre aggiunge: «Magari fossi lì con te». Il terrorista la rassicura: «Mamma, tuo figlio è un eroe». Alla chiamata si unisce anche il fratello, che chiede: «Ne hai uccisi dieci?». «Sì, dieci con le mie mani», risponde Afana con orgoglio. Quando il fratello lo invita a tornare a Gaza, replica: «Non c’è ritorno, o morte o vittoria. Guarda su WhatsApp quanti ho ucciso».
Questa registrazione, diffusa per la prima volta dal ministro degli Esteri Eli Cohen alle Nazioni Unite, è una delle prove più scioccanti della brutalità del 7 ottobre. Non solo per le parole del terrorista, ma per l’entusiasmo dei genitori: padre e madre che possono essere presentati nei media internazionali come “civili innocenti” di Gaza – senza specificare che si tratta di civili che esultano per l’omicidio di innocenti, benedicendo e incoraggiando il figlio assassino e terrorista.
Il caso Afana smaschera una verità che molti preferiscono ignorare: Hamas non è soltanto un’organizzazione terroristica, è una cultura di morte che permea la società che lo sostiene. Dietro le immagini dei telegiornali, dove vediamo madri e padri palestinesi piangere con sacchetti in mano lungo strade di fuga, si nasconde spesso la stessa voce che applaude a massacri di civili israeliani.
Israele, eliminando Afana, non ha solo neutralizzato un terrorista. Ha mostrato ancora una volta al mondo la differenza fondamentale tra chi difende la vita e chi la celebra nella morte.