Le mitzvòt delle feste ebraiche appaiono nella parashà di Emòr nel terzo libro della Torà. In questa parashà la sezione che tratta delle feste inizia con la festa di Pèsach, prosegue con Shavu’ot e poi continua con Rosh Ha-Shanà e Kippur. La festa di Sukkòt nella Torà è considerata l’ultima festa dell’anno poiché gli anni del popolo d’Israele venivano contati dal mese di Nissàn, quando uscirono dall’Egitto.
Nella Torà è scritto: “L’Eterno parlò a Moshè, dicendo: Parla ai figliuoli d’Israele, e dì loro: Il quindicesimo giorno di questo settimo mese sarà la festa delle Capanne, durante sette giorni, in onore dell’Eterno. Il primo giorno vi sarà una santa convocazione; non farete alcuna opera servile” (Vaykrà, 23: 33-35). Qualche versetto più avanti sono descritte le mitzvòt specifiche alla festa di Sukkòt: “Il primo giorno prenderete un frutto dell’albero del cedro (etròg); rami di palma (lulàv), rami dell’albero della mortella (hadàs) e rami di salice (‘arvè nàchal) e vi rallegrerete dinanzi all’Eterno, vostro Dio per sette giorni” (ibid., 40). E anche: “Risiederete nelle capanne per sette giorni; ogni cittadino d’Israele risieda nelle capanne, affinché i vostri discendenti sappiano che io feci dimorare in capanne i figliuoli d’Israele, quando li trassi fuori dal paese d’Egitto. Io sono l’Eterno, vostro Dio” (ibid., 42-43).
Se il primo giorno di Sukkòt cade di sabato, non si prende il lulàv e le altre tre specie perché, come insegnato nel Talmud babilonese (Rosh Ha-Shanà, 29b), i Maestri istituirono la proibizione per evitare che qualche ebreo poco colto, si dimenticasse che di Shabbàt è proibito trasportare qualunque cosa nel dominio pubblico e trasgredisse una mitzvà della Torà trasportandolo per la strada. Meglio quindi sospendere la mitzvà per evitare che il popolo commetta trasgressioni. La mitzvà di risiedere nella sukkà invece non presenta questo rischio è vale per tutti i sette giorni della festa, anche di sabato.
R. Yosef Shalom Elyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) in Divrè Aggadà (p. 455) si sofferma sulle parole “Il primo giorno prenderete” e cita il Midràsh Tanchumà (Emòr, 22) nel quale i Maestri osservano che è strano che la Torà usi le parole “primo giorno”, quando in effetti la festa di Sukkòt cade nel quindicesimo giorno del mese di Tishrì. Qual è quindi il significato di questo “primo giorno”? Dicono i Maestri: è il primo giorno nel nuovo conto dei peccati. Infatti a Kippur i peccati degli israeliti sono stati espiati e cancellati. E nei quattro giorni tra Kippur e Sukkòt si è occupati nella preparazione delle mitzvòt del lulàv e delle altre specie e nella costruzione della sukkà. Non c’è quindi tempo per commettere trasgressioni!
In un altro Midràsh (Yalkùt Shim’onì, Emòr, 653) i Maestri spiegano perché la mitzvà di risiedere nella sukkà avviene dopo il giorno di Kippur. Se il verdetto divino è stato che gli israeliti devono lasciare le loro case e andare in esilio, questa punizione viene soddisfatta andando “in esilio” dalla propria casa e andando ad abitare nella sukkà.
Riguardo alla festa di Sukkòt è scritto: “e vi rallegrerete dinanzi all’Eterno, vostro Dio per sette giorni”. R. Elyashiv spiega che la principale felicità (simchà) della festa di Sukkòt deriva dal giorno di Kippur. I nostri antichi sapevano il significato del peccato e come i peccati sono come “una cortina di ferra” tra di noi e il Creatore. Non c’è quindi maggiore “simchà” che quella di sentirsi “puliti”dai peccati.