Mohamed Abbas, “presidente” dell’Autorità Palestinese (titolo da scrivere tra virgolette, perché la sua elezione avvenne il 15 gennaio 2005 per quattro anni e ormai è nove anni e mezzo oltre la scadenza) ha dichiarato a un gruppo di accademici israeliani di volere “uno stato demilitarizzato” “nei confini del ‘67” “dove ci sia “polizia e non esercito”, difesa “da bastoni e non da armi” (https://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/251237). Peccato che lo stesso Abbas abbia rifiutato più volte anche di discutere con Israele di uno stato in quei confini. E soprattutto che, nonostante le pressioni israeliane, americane e di altri stati, continui a difendere, esaltare, stipendiare i terroristi che assaltano i civili israeliani non con bastoni ma con armi mortali come bombe, coltelli, automobili lanciate sui passanti, razzi. “Anche se ci restasse solo un centesimo, lo daremmo ai martiri, ai prigionieri e alle loro famiglie” (https://www.timesofisrael.com/abbas-vows-to-continue-stipends-to-terrorists-even-with-pas-last-penny/). Tant’è vero che nel bilancio dell’AP al sostegno ai terroristi sono dedicati 355 milioni di dollari, cioè il 7% del totale, o il 45,8% degli aiuti stranieri (https://www.algemeiner.com/2018/08/30/admit-it-the-palestinian-authority-is-a-terror-sponsoring-entity). Come si spiega la contraddizione? Semplice: le promesse di demilitarizzare sono fatte in inglese per un pubblico internazionale. Quelle di continuare ad appoggiare il terrorismo sono dette in arabo per gli abitanti dell’Autorità Palestinese. E quindi sono impegni veri, non propaganda.