In questa parashà la Torà racconta quali furono i comandamenti che il Creatore diede a Noach dopo il ritorno alla vita normale sulla terra: “E Dio benedisse Noè e i suoi figliuoli, e disse loro: «Prolificate, moltiplicatevi, e riempite la terra […] [Da ora in poi] potrete mangiare ogni animale vivente; ve li permetto tutti come i verdi erbaggi, ad eccezione della carne di una creatura che è ancora viva. Tuttavia chiederò conto del vostro sangue, cioè della vostra vita; ne chiederò conto ad ogni animale [chayà, Malbim traduce “anima”, come spiegato più avanti]; come pure chiederò conto della vita dell’uomo, del suo fratello, ad ogni uomo. Colui che spargerà il sangue dell’uomo sappia che il suo sangue sarà versato dall’uomo, perché Dio ha fatto l’uomo a sua immagine” (Bereshìt, 9: 1-6).
Rashì (Troyes, 1040-1105) citando il Talmud babilonese (Sanhedrin, 109) spiega che con le parole “potrete mangiare” la Torà insegna che mentre ad Adamo era permesso di cibarsi solo di frutta e verdure, ora a Noach e ai suoi discendenti diventava permesso cibarsi anche di carni di animali.
R. Meir Leibush Wisser (Ucraina, 1809 –1879), detto Malbim, nel suo commento Ha-Torà ve-Ha Mitzvà spiega il motivo di questo cambiamento. Nell’era di Adamo la costituzione umana era particolarmente forte e la frutta aveva valori nutritivi per gli esseri umani equivalenti alla carne. Dopo il Diluvio gli alimenti persero il valore nutritivo precedente, gli uomini si sparsero in aree al di fuori del clima temperato ed ebbero bisogno di saziarsi di carne per mantenersi in buona salute. Con tutto ciò furono imposti dei limiti al consumo di carne: le parole “eccetto la carne di una creatura che è ancora viva” significa che da allora fu permesso mangiare carne da un animale solo dopo averlo macellato, mentre era proibito tagliare la parte di un animale vivo per consumarla.
Inoltre dopo aver ricevuto il permesso di macellare animali per saziarsi, sarebbe errato pensare che sia permesso uccidere anche degli esseri umani. Infatti è scritto: “chiederò conto della vita dell’uomo”. E per questo motivo chi uccide se stesso o un’altra persona dev’essere punito. A chi commette suicidio verrà punita la sua anima (chayà).
Il Nachmanide (Girona, 1197-1270, Acco) aggiunge un’altra spiegazione. Egli afferma che chi sparge il sangue di un altro essere umano potrà essere ucciso “per mano di ogni animale” (mi-yad kol chayà).
R. ‘Ovadià Sforno (Cesena, 1475-1550, Bologna) spiega il significato delle parole “immagine e somiglianza”. Gli esseri umani possiedono la ragione (immagine) e il libero arbitrio (somiglianza, Vayikrà, 13:47). Queste sono le caratteristiche che distinguono gli esseri umani dagli animali ed è per questo che la vita umana è cosi cara al Creatore.
Questo concetto viene spiegato in maggiore dettaglio da R. Yosef Albo (Spagna, 1380-1444) che nella sua opera filosofica Sèfer ha-‘Ikkarìm (parte I, cap. 11) scrive che la provvidenza divina si estende agli animali per la conservazione della specie e non delle singole creature. Per gli esseri umani invece, la provvidenza divina si estende anche agli individui perché sono stati creati a sua immagine. Ed è per questo motivo che chi uccide un essere umano dev’essere punito.
R. Shimshon Refael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) nel suo commento alla Torà sottolinea che l’uomo deve comportarsi in modo fraterno nei confronti degli altri esseri umani e guai a colui che alza la sua mano contro l’anima dell’uomo, la più sacra di tutte le creature.