La parashà inizia con queste parole: “L’Eterno disse ad Avraham: Vattene dal tuo paese e dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò; e io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione; e benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà e in te saranno benedette (ve-nivrekhù bekhà) tutte le famiglie della terra” (Bereshìt, 12: 1-3) .
R. Joseph Pacifici (Firenze, 1928-2021, Modiin Illit) in Hearòt ve-He’aròt (P. 11) commenta che paese, parentado e casa paterna sono le tre cose dalle quali è più difficili separarsi. Tuttavia qualche volta è necessario farlo al fine di progredire con la Torà e le mitzvòt.
R. Gedalià Schorr (Polonia, 1910-1979, Brooklyn) in Or Gedalyahu (p. 21) cita un Midràsh dove è detto che da quello che è scritto nella Torà alla fine della parashà di Noach, che Terach, il padre di Avraham, morì a Charàn, si impara che Avraham divenne una creazione nuova, indipendente da suo padre. Questa nuova esistenza ebbe inizio quando Avraham, a seguito della sua ribellione contro l’idolatria imperante in Babilonia, fu condannato dal re Nimrod a morire in una fornace dalla quale uscì miracolosamente vivo. Da quel momento Avraham divenne una creatura nuova senza più legami con il suo passato.
R. Schorr cita i maestri nel Talmud (Chaghigà, 3a) che insegnano che Avraham fu l’inizio dei gherìm (proseliti). E questo, afferma r. Schorr, non è un semplice racconto storico. Quello che i maestri intendono insegnare è che il proselitismo (gherùt) fu un’innovazione di Avraham. È la forza di sradicarsi dalla propria origine genealogica e di farsi parte del popolo Israele. Così infatti dissero i maestri: un proselita è come un neonato che non ha più nessun legame con il suo passato. Avraham con il suo esempio diede forza a tutte le generazioni che lo seguirono. Così ognuno di noi ha la capacità di iniziare una nuova vita, diversa dal passato.
R. Schorr cita Rashbam (Francia, c1085- dopo l’anno 1158) cioè r. Shemuel ben Meir, nipote di Rashì, che commenta il versetto in cui è scritto: “In te saranno benedette tutte le famiglie della terra”. Nel testo “è saranno benedette” è scritto: ve-nivrekhù dalla radice brkh, benedire. Rashbam fa notare che questa radice è comune al verbo “lehavrìkh” che significa innestare, come si fa con gli alberi ai quali si innesta una ramo di un altro albero più giovane. Questo significa che in questo modo venne data la possibilità a tutte le famiglie della terra di innestarsi nell’albero genealogico del nostro patriarca Avraham. Per questo anche i gherìm quando recitano la tefillà dicono “Dio di Avraham”, perché derivano da lui.
R. Schorr cita anche r. Yitzchak Meir Rotenberg-Alter (Polonia, 1799-1866), il primo rebbe della dinastia chassidica di Gur. Alle parole “Io farò di te una grande nazione” usando il verbo “fare”, il rebbe commentò che Avraham fu fatto a nuovo. Da lui sarebbe venuto un grande popolo e, grazie a lui, ogni individuo israelita ha una parte del nostro patriarca Avraham. Questa parte, questa “nekudà” (punto) non può essere mai rovinata. Per questo nella prima benedizione della ‘amidà, concludiamo con le parole “scudo di Avraham”. Questo “punto” di Avraham che è in ognuno di noi ci da’ la forza di resistere ad ogni prova.