La Terra Promessa veniva data con la condizione che il popolo d’Israele avrebbe dovuto osservare le mitzvòt. Così è infatti scritto nella parashà: “E osserva i comandamenti dell’Eterno, dell’Iddio tuo, camminando nelle sue vie e temendolo; perché il tuo Dio, l’Eterno, sta per farti entrare in un buon paese: paese di corsi d’acqua, di laghi e di sorgenti che nascono nelle valli e nei monti; paese di frumento, d’orzo, di vigne, di fichi e di melagrani; paese d’ulivi da olio e di miele” (Devarìm, 8:6-8).
In questi versetti vengono elencati sette prodotti rinomati che crescono in Eretz Israel. Su questo argomento Dr. Sidney Plawes di Lawrence (NY) scrisse una paio di pagine di commento sulla parashà. In primo luogo citò un passo nel Talmud babilonese (Berakhòt, 41a) dove i maestri insegnano che, poiché questi frutti sono rinomati in Eretz Israel, essi vanno consumati prima degli altri facendo la relativa benedizione prescritta per loro. E non solo, ma i prodotti che sono primi nella lista e seguono la parola paese (Eretz) hanno la precedenza sugli altri.
Un altro punto di discussione è il motivo per cui la parola “Eretz” (paese o terra) compare due volte nel versetto. Non sarebbe stato sufficiente omettere la parola “Eretz” che compare la seconda volta?
R. Meir Simcha Hakohen, rav di Dvinsk (Lituania, 1843-1926, Lettonia), autore del commento Meshekh Chokhmà, scrive che la prima parola Eretz è informativa e cioè serve a farci sapere che queste sono le sette specie di rinomati prodotti agricoli che ci da’ la terra d’Israele. La seconda volta che la parola Eretz compare nel versetto, viene a elencare le specie di frutta che non crescevano in Egitto. Olio d’oliva e datteri, dai quali derivava il miele, sono specialmente legati ad Eretz Israel e pertanto meritano che vengano preceduti dalla parola Eretz.
R. Meir Simcha vuole dimostrare la sua affermazione riportando come prova il fatto che quando il patriarca Ya’akov finalmente permise ai figli di tornare in Egitto per acquistare grano, accompagnati anche dal Beniamino (letteralmente) della famiglia, egli disse loro di portare in omaggio al Viceré d’Egitto una serie di prodotti. Così è scritto nella parashà di Mikètz: “Allora Israele (così era anche chiamato Ya’akov), loro padre, disse loro: Se così è, fate questo: Prendete nei vostri sacchi delle cose più squisite di questo paese, e portate a quell’uomo un dono: un po’ di balsamo, un po’ di miele, degli aromi e della mirra, dei pistacchi e delle mandorle (Bereshìt, 43:11).
Nel commento Chizkuni, r. Hizkiya ben Manoach (Francia n. 1250) osserva che quando si porta un omaggio a un vicerè al quale non manca nulla, è appropriato portare un regalo piccolo ma di alta qualità.
Il patriarca Ya’akov disse quindi di portare in omaggio prelibatezze di Eretz Israel e tra queste il miele dai datteri che mancavano in Egitto. R. Meir Simcha non spiega perché il patriarca Ya’akov non mandò olio d’oliva. Forse perché era prima della stagione del raccolto delle olive o per altri motivi.
R. Meir Simcha cita anche un’altra fonte dalla Torà nella parashà di Chukkàt dove il popolo si lamenta di essere stato condotto fuori dall’Egitto dicendo: “E perché ci avete fatti salire dall’Egitto per menarci in questo tristo luogo? Non è un luogo dove si possa seminare; non ci son fichi, non vigne, non melagrane, e non c’è acqua da bere (Bemidbàr, 20:5). R. Meir Simcha fa notare che nella lista dei prodotti che il popolo lamentava di non avere più come avevano in Egitto mancano l’ulivo e il miele dai datteri. Il motivo è che il popolo non poteva lamentarsi di non avere della frutta che non avevano in Egitto.
(Da qui impariamo che le sette specie di frutta elencate nel versetto erano di qualità speciale e superiore a quelle che crescevano altrove. E anche che datteri e ulivi erano probabilmente specie originarie della Terra Promessa).