La matriarca Sara era morta. Avraham, rimasto solo, aveva la responsabilità di cercare una moglie adatta al figlio Yitzchàk. A tale scopo inviò il suo fedele servitore a Charàn, dove era rimasto il ramo della famiglia del fratello Nachòr. Arrivato a Charàn nell’ora in cui le ragazze della cittadina venivano alla fonte per attingere acqua, il servitore di Avraham incontrò Rivkà, figlia di Betuèl, figlio di Nachòr. Nella Torà è scritto: “E il servo le corse incontro, e le disse: «Dammi per favore da bere un po’ d’acqua della tua brocca». Ed ella rispose: «Bevi, signor mio»; e s’affrettò a calarsi la brocca sulla mano, e gli diede da bere. E quando ebbe finito di dargli da bere, disse: «Io ne attingerò anche per i tuoi cammelli finché abbiano bevuto a sufficienza». E presto vuotò la sua brocca nell’abbeveratoio, corse di nuovo alla fonte ad attingere acqua, e ne attinse per tutti i suoi cammelli” (Bereshìt, 24: 17-20).
Rav Joseph Pacifici (Firenze, 1928-2020, Modiin Illit) in Hearòt ve-He’aròt (p. 25) fa notare che Rivkà assomiglia incredibilmente ad Avraham nel suo comportamento. Non solo diede da bere al servitore, che per lei era uno sconosciuto, ma diede da bere anche agli uomini venuti a scorta del servitore e addirittura a tutti i cammelli, anche se non le era stato chiesto di farlo.
Anche Lavàn, fratello di Rivkà, quando venne a sapere che il servitore di Avraham era venuto da lontano con una carovana di cammelli si precipitò alla fonte per invitarlo: “E Lavàn corse fuori da quell’uomo alla fonte. Quando vide l’anello e i braccialetti ai polsi di sua sorella ed ebbe udite le parole di Rivkà sua sorella che diceva: «Quell’uomo m’ha parlato così», si recò da quell’uomo, ed ecco ch’egli se ne stava presso ai cammelli, vicino alla fonte. E disse: «Vieni, benedetto dall’Eterno! perché stai fuori? Io ho preparato la casa e un luogo per i cammelli». L’uomo entrò in casa e tolse la museruola ai cammelli; [Lavàn] diede paglia e foraggio ai cammelli, e portò acqua per lavare i piedi a lui e a quelli che erano con lui” (ibid., 29-32).
Rav Israel Belsky (New York, 1938-2016) in Einei Yisroel (p.140) fa notare che il Lavàn descritto dalla Torà nelle parashòt seguenti è una pessima figura. A parte il fatto che era idolatra, era anche un esperto nell’ingannare la gente. Non solo egli diede Lea in sposa a Ya’akòv invece di Rachel, contrariamente a quanto aveva promesso, ma quando Ya’akòv iniziò a lavorare per lui cambiò le condizioni di lavoro cento volte nel giro di sei anni. C’è da domandarsi come fu possibile che Rivkà avesse doti personali che la rendevano adatta a diventare moglie di Yitzchàk e non fosse rimasta influenzata da un ambiente famigliare del genere.
A questo vi sono due risposte possibili. La prima la diede r. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993) che in Mesoras Harav (p. 178 e p. 261) commenta che Rivkà fu educata dalla sua nutrice Devoràh che faceva parte del gruppo di discepoli ai quali Avraham insegnò il monoteismo e a fare bene al prossimo.
R. Belsky invece osserva che Lavàn, nonostante fosse un poco di buono, sapeva coprire il suo carattere con un velo di raffinatezza. Lavàn era eloquente e sapeva come affascinare il prossimo. La bellezza delle parole di Lavàn viene riconosciuta dai maestri al punto che la benedizione di Lavàn a Rivkà viene ripetuta alle spose: “Possa tu diventare [madre di] decine di migliaia e i tuoi discendenti ereditino le porte dei loro nemici” (ibid., 24:60). Rivkà, che secondo un midràsh aveva quattordici anni quando partì da Charan, era troppo giovane per potersi rendere conto del vero carattere di Lavàn e durante la sua vita da bambina in famiglia vide solo nel fratello un perfetto galantuomo dal quale imparare le buone maniere.