Dopo che la cavalleria e l’esercito degli egiziani affondò nel mare e gli israeliti si sentirono finalmente per sempre liberi, “Allora cantò (az yashìr) Moshè con i figli d’Israele questa cantica in onore del Signore” (Shemòt, 15:1). I commentatori spiegano per quale motivo nella Torà è scritto “yashìr”, al futuro, che significa “canterà” invece di “shar”, al passato, che significa “cantò”.
Rashì (Troyes, 1040-1105) spiega che quando Moshè vide il miracolo ebbe l’ispirazione di cantare. E aggiunge che il tempo futuro venne usato in altre occasioni quando un miracolo ispirò un personaggio della nostra storia. In questa occasione il cuore disse a Moshè “dovrai cantare” e così fece. Questo è il motivo per cui viene usato il futuro.
Nel Midràsh Mekhiltà viene posta la domanda: “È vero che vi fu solo una cantica? Non ve ne furono almeno dieci? La prima fu già cantata in Egitto durante la sera del primo Pèsach, alla vigilia dell’uscita dal paese. Così disse il profeta Yesha’yà (30:29): “Allora intonerete un canto, come la notte quando si celebra una festa”.
La seconda cantica fu quella di questa parashà, che venne cantata vicino al Mar Rosso.
Il terzo canto fu quello per la fonte d’acqua citata in Bemidbàr (21,17:19): “Allora Israele cantò questa cantica: sorgi o fonte. Celebratela. La fonte che scavarono i principi…”.
La quarta cantica fu quella di Moshè nella parashà di Haazìnu, dove è scritto: “E quando Moshè terminò la scrittura di questa cantica”(Devarìm, 31:24).
La quinta cantica fu quella di Yehoshua’ (10:12) dove è scritto: “Allora Yehoshua’ parlò all’Eterno, il giorno che l’Eterno diede gli Emorei in mano ai figli d’Israele, e disse in presenza d’Israele: Sole, fermati su Gabaon, e tu, luna, sulla valle d’Aialon!”. I commentatori spiegano dove sia la cantica. R. David Kimchi (Narbona, 1160-1235) commenta che la cantica seguì la preghiera di Yehoshua’ di fermare il sole. Il testo della cantica non è però citato.
La sesta cantica è quella della profetessa Devorà dopo la vittoria di Baràk contro l’esercito dei cananei: “In quel giorno, Devorà cantò questa cantica con Baràk, figlio di Avino’am (Shofetìm, 5:1).
La settima cantica fu quella di re Davide: “Davide rivolse all’Eterno le parole di questa cantica quando l’Eterno lo salvò da tutti i suoi nemici e da Shaùl (II, Shemuèl, 22:1-2).Egli disse: ‘L’Eterno è la mia rocca, la mia fortezza, il mio liberatore…”.
L’ottavo canto è quello che disse re Salomone quando completò la costruzione del Bet ha-Mikdàsh: “Un salmo, un cantico per l’inaugurazione del Bet ha-Mikdàsh. Di Davide” (Salmi, 30:1). Nel midràsh viene osservato che non fu Davide che lo costruì. Salomone lo costruì, È infatti scritto: Salomone costruì il Bet ha-Mikdàsh (I Re, 6:1). Il midràsh stesso spiega che la costruzione venne attribuita a Davide perché ci mise l’anima.
La nona cantica ebbe luogo durante il regno del re Yehoshafàt. Così è scritto (II, Cronache, 20:21): “E dopo aver tenuto consiglio col popolo, stabilì dei cantori che, vestiti in santa magnificenza, cantassero le lodi dell’Eterno, e camminando alla testa dell’esercito, dicessero: Celebrate l’Eterno, perché la sua benevolenza dura in perpetuo!”.
Il decimo cantico è riservato al futuro, come è scritto (Isaia, 42:10): “Cantate all’Eterno un cantico nuovo, cantate le sue lodi alle estremità della terra…”.
Il midràsh conclude dicendo che tutte le cantiche al femminile sono chiamate “Shirà”. Così come la femmina subisce le pene del parto, a tutte le redenzioni del passato seguì asservimento. Invece la redenzione futura è al maschile “Shir”. A questo cantico non seguirà alcun asservimento.