Nello Shulchàn ‘Arùkh, in relazione al minhàg (usanza) di mangiare carne arrosto durante il sèder di Pèsach,rav Yosef Caro (Toledo, 1488-1575, Safed) scrive (O.C., 476:1): “Si mangia carne arrostita dove esiste l’usanza di mangiare arrosto nelle sere di Pèsach; dove non esiste questa usanza non si consuma carne arrostita. Questa è una misura istituita [dai Maestri] affinché la gente non dica che si mangia la carne del sacrificio di Pèsach. In ogni luogo è comunque proibito consumare un agnello arrostito intero durante questa notte [allo spiedo, come si faceva quando esisteva il Bet Ha- Mikdàsh] perché appare che si mangino carni sacre al di fuori [di Yerushalamim]. Se però l’animale è tagliato a pezzi, mancante di una parte o in parte bollito [e poi arrostito intero] è permesso”.
R. Mordekhai Yaffe (Praga, c.1530-1612, Posen) autore dell’opera halakhica Levùsh, scrive: “Da queste parti non lo si usa mangiare arrosto”. R. Yaffe si riferisce alle aree dove abitavano gli ashkenaziti. Il commento Mishnà Berurà aggiunge che in queste aree nelle due sere di Pèsach non si usa mangiare neppure carne arrostita in padella anche se non assomiglia all’animale che a Yerushalaim veniva mangiato dopo averlo arrostito allo spiedo.
R. Yosef Caro scrive anche che nei luoghi dove non esiste l’usanza di consumare carne arrostita [durante le due sere di Pèsach] non si mangia neppure carne di pollo o di manzo arrostite. Questo è in genere l’usanza degli ashkenaziti, mentre molti sefarditi mangiano arrosto durante le sere di Pèsach.
Durante il periodo nel quale regnarono gli Asmonei e il Bet Ha-Mikdàsh era in funzione, Shim’on be Shatach, fratello della regina Shelomtzion (che regnò dall’anno 76 al 67 prima dell’Era Volgare), fu per molti anni Presidente del Sanhedrin. Nel trattato talmudico di Berakhòt (19a) è raccontato che Todos, il capo della comunità ebraica di Roma, che era anche un Maestro di Torà, istituì a Roma l’usanza di mangiare agnello arrostito allo spiedo durante le sere di Pèsach. Shim’on ben Shatach gli mandò una missiva con il messaggio che se non fosse stato per il fatto che lui, Todos, aveva istituito questa usanza, avrebbero fatto una nuovaghezerà (decreto) per punirlo con il niddùy (una specie di scomunica), perché faceva mangiare carni dei sacrifici al di fuori [di Yerusahalaim].
R. Shimshon Nachmani (Modena, 1707-1778, Reggio Emilia) in Zerà Shimshòn (p.342) citando il Maimonide spiega che il niddùy viene dato a coloro che disprezzano gli insegnamenti dei maestri. Todos invece aveva grande rispetto dei Maestri. Per questo motivo, per quanto Shim’on ben Shatach non fosse d’accordo con quello che Todos aveva fatto, si limitò a mandargli una lettera.
R. Yosef Shalom Elyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) si domanda per quale motivo Todos istituì questa usanza. Egli spiega che il sacrificio di Pèsach si chiama così, perché ci insegna che esiste la Provvidenza, perché nella Torà è scritto (Shemòt, 12:13) che l’Eterno lasciò stare (pasàch) le abitazioni degli israeliti che si trovavano tra le case degli egiziani; morirono solo i primogeniti degli egiziani mentre quelli degli israeliti rimasero illesi.
Rav Elyashiv spiega che Todos, in quanto leader della comunità, aveva visto con i suoi occhi la Provvidenza in azione. Avendo visto quante volte i goyìm avevano cercato di fare del male alla comunità senza riuscirci, ritenne opportuno introdurre l’usanza di mangiare l’agnello allo spiedo come si faceva a Yerushalàyim, per fare in modo che venissero ricordati anche gli interventi della Provvidenza nei suoi giorni e non solo per ricordare i miracoli che ebbero luogo durante l’uscita dall’Egitto.
Oggi, seguendo lo Shulchan ‘Arùkh, nessuno mangia l’agnello allo spiedo nelle sere di Pèsach.