C’è chi oggi rimprovera Netanyahu di essersi fidato troppo di Putin e d Trump e naturalmente accusa quest’ultimo di “tradimento” dei curdi e “abbandono” del Medio Oriente, naturalmente in mezzo a tutte le nequizie che gli vengono attribuite. Ma questo modo di giudicare è fondamentalmente sbagliato. Da un secolo la regione in cui si trova Israele è il principale luogo di scontro di civiltà: fra Occidente e Islam, fra lo stesso Occidente e la Russia, fra Israele e i suoi nemici, fra sciiti e sunniti, fra arabi, persiani e turchi. E’ l’oggetto principale di grandi retoriche infiammate, destinate alle masse locali e internazionali. Ma è anche il teatro di una politica di interessi nazionali, dunque piuttosto indifferente a queste retoriche. Ogni soggetto bada a se stesso, fa le mosse che gli paiono consone al proprio interesse. La Russia cerca con vari pretesti di sostituire l’egemonia americana. In questo è in competizione ma anche in alleanza con l’Iran, che a sua volta cerca di espandersi fra gli arabi e di frenare le velleità neo-ottomane della Turchia. Gli Usa cercano di mantenere influenza ma soprattutto di minimizzare le perdite di uomini e denaro. Israele cerca la propria sicurezza, gli arabi vorrebbero distruggerlo, ma temono oggi soprattutto l’Iran. I soggetti meno forti (drusi, curdi, cristiani, alawiti, altre minoranze etniche e religiose, ma anche stati come Libano, Giordania, Siria e ad altro livello perfino Israele) cercano alleanze e convergenze, sapendo che sono sempre convergenze di interesse momentanee. Ognuno tesse la sua tela e cerca di rafforzarsi per ottenere deterrenza; ma la guerra di tutti contro tutti è sempre sullo sfondo. Queste sono le regole del gioco, che richiedono capacità di calcolo e nervi freddi. Netanyahu è un maestro in questo, la politica di Trump non si scosta molto dalla tradizione Usa. Israele non è solo, finché resta forte, abile e determinato e non si fa illusioni.
Ugo Volli