Due strani episodi hanno segnato la cronaca della politica estera israeliana la settimana scorsa. Il primo è il respingimento al passaggio di confine di Allenby del principe ereditario di Giordania Hussein, figlio del re Abdullah, che voleva recarsi in visita alla moschea di Al Aqsa di Gerusalemme. Sembra che Hussein si sia presentato con una scorta armata notevolmente più numerosa di quanto concordato e per questo non gli sia stato consentito il passaggio. Alcuni dicono però che il principe doveva incontrarsi con il capo dell’opposizione israeliana Lapid, dandogli così un appoggio alla vigilia delle elezioni. Il secondo episodio è l’annullamento della storica visita che Netanyahu doveva fare negli Emirati per incontrare il loro sovrano e forse anche l’uomo forte dell’Arabia Saudita, il principe Mohammed bin Salman, dovuto al rifiuto comunicato dalla Giordania all’ultimo momento di concedere il sorvolo nello spazio aereo giordano. Anche questo sarebbe stato un colpo notevole sul piano elettorale, ma a favore di Netanyahu. E’ difficile dire se i due episodi siano legati, cioè se il secondo sia una rappresaglia per il primo. Alcuni lo sostengono e dicono però che non c’era alcun appuntamento di Hussein con Lapid, ma che l’incidente è stato creato ad arte per offuscare i successi internazionali di Netanyahu. Altri dicono che le elezioni non c’entrano e la Giordania ha interesse a sabotare i rapporti di Israele con l’Arabia, perché essa ha l’ambizione di sostituirsi alla Giordania nella supervisione del Monte del Tempio, che però dopo la Prima Guerra Mondiale fu concessa dagli inglese ai Husseini, famiglia reale di Giordania, proprio per compensarli di aver perso lo stesso ruolo alla Mecca, passata sotto il controllo dei sovrani sauditi. Israele ha avuto tradizionalmente spesso buoni rapporti con i Husseini: per esempio ci fu nel 1919 un accordo fra Weizman e Feysal Husseini, trisnonno dell’attuale re; e ci fu una relazione abbastanza stretta con il padre dell’attuale re, Hussein, che prese alcune iniziative importanti contro il terrorismo palestinista. Il che non gli impedì peraltro di partecipare a tutte le guerre contro Israele dal 1948 al 1973. Ma ora per Israele l’accordo con l’Arabia è molto più importante, a causa della sua ricchezza e della guerra che in vari modi gli porta l’Iran, il che ne fa un alleato potenziale. Dunque Israele potrebbe trovare il modo di negoziare un accordo vero e proprio con i sauditi, anche cedendo loro il controllo sulla moschea che da 1300 anni domina il Monte del Tempio. La Giordania, dipendente dai finanziamenti sauditi e dalla protezione militare israeliana, fa il possibile per mandare a monte questo piano, ammesso che ci sia, deragliando Netanyahu nelle rotte aeree e magari nei risultati elettorali – senza però rompere i suoi legami con entrambi. Insomma, i due incidenti potrebbero essere sintomi di problemi più vasti, soprattutto per uno stato come Israele, che intravvede per la prima volta dalla nascita una via di convivenza pacifica con i vicini. Starà alla grande abilità diplomatica di Netanyahu risolvere questi nodi, contro gli interessi nemici dentro e fuori Israele.