E’ passata solo una decina di giorni dal fallito tentativo americano di far condannare il terrorismo di Hamas dall’assemblea generale dell’Onu, dopo i 500 razzi sparati in un giorno su città e villaggi israeliani. L’altro giorno è toccato al Consiglio di sicurezza dell’Onu, che a differenza dell’Assemblea è l’organismo decisivo, che può prendere provvedimenti anche militari. Anch’esso non è stato in grado di condannare un’aggressione contro Israele, questa volta da parte di Hezbollah (http://www.jewishpress.com/news/global/un/no-condemnation-for-hezbollah-by-un-security-council/2018/12/21/). E anche in questo caso, la violazione era stata palese: quattro delle gallerie che l’organizzazione terroristica sciita ha scavato dal territorio libanese oltre il confine, fin dentro Israele, sono stati visitati e riconosciuti come illegali dall’Unifil, la forza internazionale di interposizione su quel confine. L’Onu, dunque manca di ogni volontà di difendere il diritto alla sicurezza di Israele, che pure ne è uno stato membro. O meglio, per la maggior parte degli stati del mondo le aggressioni militari contro Israele non meritano condanna. Il filosofo Giorgio Agamben, per descrivare la Shoà, ha fatto riferimento a una figura del diritto romano, “homo sacer”, che non vuol dire “sacro” ma “maledetto”: l’individuo che per qualche ragione legale o religiosa veniva messo fuori dalla protezione della legge e poteva essere impunemente ucciso da chiunque. Gli ebrei anche prima di Auschwitz hanno subito una posizione analoga nelle società cristiane e musulmane per molti secoli. Ora è toccato a Israele diventare “sacer”, cioè aggredibile impunemente da chiunque. Se non fosse per le capacità di autodifesa dello stato ebraico, bisognerebbe dire che le cose non sono cambiate granché da quei secoli bui.