L’Unione Europea si trova nuovamente di fronte a scelte importanti. Dopo le sfide recentemente poste dalla recessione economica, dalla Brexit, dalla pandemia, gli scenari internazionali che si sono configurati negli ultimi mesi, con gli sviluppi della guerra in Ucraina e le tensioni in Medio Oriente, inducono i Paesi europei a definire nuovamente le proprie strategie e ad attribuire un ruolo più o meno significativo alla dimensione politica dell’Unione. Ma le elezioni del Parlamento di Strasburgo, che si terranno a giugno, rappresentano anche un crocevia importante per definire quali siano i riflessi politici degli orientamenti sociali.
In particolare, il terribile pogrom del 7 ottobre e la successiva guerra nella Striscia di Gaza hanno avuto una profonda eco anche in Europa: spesso la popolazione si è mobilitata in funzione anti-israeliana, rinvigorendo frequentemente forme ataviche di antisemitismo. È quanto, ad esempio,accaduto in Francia. «Dopo l’attacco di Hamas, da parte della popolazione francese c’è stataun’ondata di solidarietà verso Israele e un’identificazione con le vittime, probabilmente figlia delle recenti esperienze del nostro Paese colpito dagli attentati terroristici commessi da Al Qaeda e ISIS» spiega a Shalom David Khalfa, co-direttore dell’Osservatorio Nord Africa e Medio Oriente della Fondazione Jean-Jaurès. «Tuttavia, alcune minoranze come la sinistra più estrema e parte della comunità musulmana sono state molto critiche sin dalla prima fase nei confronti della risposta israeliana e più ambigue nei confronti di Hamas. Peraltro, nonostante questa visione d’insieme, andando nel dettaglio, dal 7 ottobre c’è stata un’esplosione di atti antisemiti, spesso provocati da persone di religione musulmana o vicine agli ambienti dell’estrema sinistra. Si va da manifestazioni nei campus universitari dove campeggiavano slogan come “From the river to the sea Palestine willbe free”, ad atti di violenza fisica commessi contro ebrei francesi identificati come tali. L’antisemitismo esisteva anche prima del 7 ottobre, ma da quel momento vi è stata un’esplosione di questo odio, legittimato attraverso un approccio anti-israeliano che ha rievocato una serie di luoghi comuni antiebraici». Le vicende francesi sono comuni a diversi Paesi d’Europa, pur con le distinzioni del caso. «In Germania, dopo il 7 ottobre il numero di incidenti antisemiti è aumentato di quattro volte rispetto a prima» racconta a Shalom Anna Staroselski, portavoce dell’organizzazione ebraica WerteInitiative. «Ci sono state case di ebrei contrassegnate dalla stelladi Davide, attacchi con bombe molotov alla sinagoga di Berlino, tensioni nelle università. C’è stato persino uno studente ebreo colpito a calci e pugni che è stato ricoverato in ospedale [si trattava di Lahav Shapira, nipote di Amitzur Shapira, uno degli undici atleti uccisi da un commando terroristico palestinese durante le Olimpiadi di Monaco nel settembre 1972. Lahav Shapira è noto per il suo attivismo a favore d’Israele, n.d.r.]. Stando alle statistiche, quasi il 90% degli incidenti antisemiti avvenuti dopo il 7 ottobre è stato classificato legato a Israele». In Germania, l’impegno delle istituzioni in favore di Israele è molto sentito (il cancelliere tedesco Olaf Scholz è stato il primo capo di governo a recarsi nello Stato ebraico a ottobre), ma è spesso criticato strumentalmente dalla società civile. «Nelle manifestazioni si grida “liberate Gaza dalle colpe tedesche”, alludendo al senso di responsabilità della Germania per la Shoah che la renderebbe poco sensibile nei confronti dei palestinesi».
Minori tensioni da questo punto di vista si sono verificate in Ungheria. «Solo raramente i gruppi pro Palestina in Ungheria hanno tentato di organizzare delle manifestazioni, ma sono stati bloccati dal governo e dalla polizia che non ha permesso a questi gruppi di manifestare e di esprimere qualsiasi tipo di sostegno ad Hamas e a quanto accaduto il 7 ottobre» commenta Tamir Wertzberger, direttore degli affari esteri di APL – Action and Protection League, un’organizzazione con sede a Bruxelles che combatte l’antisemitismo. «Questo clima è figlio della tolleranza di cui godono gli ebrei in Ungheria da alcuni anni: sono state aperte nuove sinagoghe, le comunità sono cresciute, la vita ebraica è diventata più visibile nella società ungherese» aggiunge Wertzberger.
Queste forme di antisemitismo, più o meno evidenti e diverse a seconda dei contesti, rischiano di avere un riscontro a livello politico. In Francia, l’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon sembralontana da un successo; sotto osservazione resta la crescita del Rassemblement National, lo storico partito di Marine Le Pen, oggi guidato da Jordan Bardella. «Adesso il Rassemblement National si presenta come un partito responsabile, di stampo repubblicano, con una funzione protettiva nei confronti dell’odio antisemita, soprattutto per quello islamista» sottolinea Khalfa. «Tuttavia, i suoi riferimenti ideologici sono antitetici a un’autentica cultura repubblicana. Alcuni giovani ebrei francesi, animati dalla paura, sono attratti da questo partito, anche se il sostegno dell’ebraismofrancese è ancora minoritario». In Germania preoccupa la crescita del partito di estrema destra Alternative für Deutschland, che negli ultimi anni ha già ricevuto consensi in alcune consultazioni locali. Anche in Ungheria esistono formazioni di estrema destra, attualmente minoritarie nelle rappresentanze istituzionali e meno preoccupanti rispetto agli scorsi decenni.
La definizione dei prossimi equilibri politici nazionali e continentali sarà dunque importante anche per capire il futuro atteggiamento delle istituzioni nei confronti di Israele, visti gli orientamentiemersi in molte piazze.
«Spero che l’Unione Europea possa prendere più seriamente il problema dell’aumento dell’antisemitismo e intraprendere azioni efficaci in tal senso» sottolinea Wertzberger, alludendo anche ai finanziamenti internazionali destinati alla popolazione palestinese e spesso finiti nelle mani dei terroristi. «Di fronte al neo-imperialismo russo e cinese, di fronte alla prospettiva di un possibile neo-isolazionismo americano, l’Europa dovrà trovare i mezzi per affermarsi come forza geopolitica per difendere la propria sovranità economica, militare e strategica» conclude Khalfa. Una serie di sfide a cui guardano con apprensione anche le comunità ebraiche del vecchio continente.