Come vivono
gli ebrei in Europa, quali sono le difficoltà che incontrano, i successi e le
principali preoccupazioni? Una panoramica dell’ebraismo europeo viene offerta
alla conferenza annuale della European Jewish Association, in corso in questi
giorni a Porto, in Portogallo, con il titolo “Modellare insieme il futuro
dell’ebraismo europeo”. Questa iniziativa rappresenta l’occasione per numerosi
rappresentanti di comunità e organizzazioni ebraiche europee per presentare ad
un pubblico internazionale gli ostacoli sormontati, i successi ottenuti e i
problemi ancora da affrontare per consentire agli ebrei europei di vivere
pacificamente, in sicurezza e con la libertà di culto, indispensabile per poter
portare avanti le proprie tradizioni. Nella conferenza si delinea una
panoramica realistica della situazione attuale dell’ebraismo europeo che viene
presentata nelle sue diverse sfaccettature attraverso le presentazioni portate
dai leader delle comunità ebraiche che vi partecipano.
Il sindaco
di Porto Rui Moreira ha salutato l’EJA esprimendo il proprio impegno per
combattere l’antisemitismo e la necessità di garantire sicurezza agli ebrei
europei. Il coordinatore portoghese per l’implementazione della strategia
europea per combattere l’antisemitismo, Pedro Bacelar de Vasconcelos, è pronto
a ricevere suggerimenti e piani da parte delle comunità ebraiche portoghesi per
affrontare il problema del crescente antisemitismo in Portogallo. Membri della
comunità ebraica portoghese sostengono di vivere il proprio ebraismo al sicuro
e al riparo dagli attacchi antisemiti. Esponenti dell’ebraismo portoghese si
ritengono relativamente tranquilli di poter professare la propria religione,
pur non escludendo una ulteriore crescita nei prossimi anni dell’antisemitismo,
spesso nascosto dietro la maschera dell’antisionismo.
Più
preoccupante la situazione in Olanda, secondo le dichiarazioni del capo rabbino
Binyomin Jacobs che ha messo in luce la profonda ignoranza intrisa di
antisemitismo e di antisionismo che preoccupa le comunità ebraiche locali.
Anche in Polonia le comunità ebraiche affrontano problemi non irrilevanti.
Edward Odoner, Presidente di TSKZ, l’associazione sociale e culturale degli
ebrei polacchi, la più antica organizzazione ebraica polacca, ha menzionato i
numerosi graffiti antisemiti, ma soprattutto un crescente antisemitismo su
internet e la difficoltà di accettare la versione del governo polacco secondo
cui «a volte i rappresentanti ai governo non piacciono alcune cose che raccontiamo
sulla seconda guerra mondiale. Ci sono stati molti polacchi che hanno ottenuto
il titolo di giusti tra le nazioni, ed erano probabilmente anche di più, ma
furono tanti anche i polacchi che aiutarono il Terzo Reich a trovare gli ebrei
e questo infastidisce il governo quando viene raccontato, perché la loro
versione è che i polacchi furono eroici ad aiutare gli ebrei a sopravvivere la
Shoah. Tra pochi mesi ci saranno le elezioni e non capiamo se la narrativa che
c’erano solo polacchi buoni è legata alle elezioni oppure a qualcos’altro».
«Non è
sicurissimo essere ebrei in Spagna, ma non è neanche pericoloso. C’è molta
ignoranza. A scuola, per esempio, non insegnano molto di storia ebraica ed i
giovani imparano solo due cose: che gli ebrei sono stati espulsi dalla spagna e che nel ’900 c’è
stata la Shoah» ha spiegato Dina Mouyal Anselem, direttore di BBYO Spagna. I
giovani europei sembrano fiduciosi. Pur consapevoli delle difficoltà, non
percepiscono pericoli imminenti e desiderano puntare sull’educazione e la
prevenzione senza allarmismi. Il ventiquattrenne Juan Caldes della comunità di
Maiorca ha presentato il nuovo progetto EJA: una borsa di studio per studenti
(18-21 anni) per aiutarli ad ottenere gli strumenti necessari per combattere
l’antisemitismo nei campus universitari e per sviluppare capacità utili ai
futuri leader dell’ebraismo europeo frequentando bootcamp in capitali europee.
Desolante
la situazione in Francia, dove gli studenti di religione ebraica spesso non
possono frequentare alcune scuole pubbliche per motivi di sicurezza. Elise
Fajgeles, segretario generale della delegazione interministeriale per la lotta
contro razzismo e antisemitismo (DILCRAH), gestisce un team che con un budget
di 8 milioni di euro porta avanti a livello nazionale azioni concrete contro
l’antisemitismo e il razzismo. Fajgeles ha menzionato gravi episodi di
antisemitismo in Francia e l’importanza di intervenire nelle scuole, di
combattere i gruppi neonazisti, di garantire la sicurezza agli ebrei francesi e
l’esigenza di una regolamentazione contro l’odio in rete.
Tra i
numerosi paesi che partecipano, non manca l’Italia rappresentata da Enrico
Fink, presidente della comunità ebraica di Firenze, e dal presidente UGEI David
Fiorentini. Fink ha parlato con fermezza e trasporto del suo impegno e della
situazione italiana: «In Italia, a Firenze, provo a lavorare con le istituzioni
italiane. Cerchiamo di fare in modo che gli italiani facciano i conti con il
proprio passato. L’antisemitismo ha profonde radici nella cultura italiana e
molti degli stereotipi di oggi sono nati in Italia nell’antichità. Credo che
dovremmo presentare gli ebrei non solo come
vittime, ma come parte integrante, importante, positiva e attiva della
società odierna».