
“Per amore di una donna” di Guido Chiesa è tratto dal romanzo di Meir Shalev. È una piacevole sorpresa imbattersi in un film — e in un regista — che riprende un’opera come Per amore di una donna, scritta da uno dei più grandi autori della letteratura israeliana, profondamente radicato nella cultura ebraica, e riesce a renderne l’universalità. Chiesa non perde mai di vista l’obiettivo: restituire la bellezza del libro originale, realizzando un film accessibile e coinvolgente per tutti, ebrei e non. Va riconosciuto che il regista centra pienamente questo traguardo.
Nel film, la figura centrale del romanzo, Yehudit, viene messa in contrapposizione con un nuovo personaggio: Esther, un’ebrea americana quarantenne inquieta. Dopo la morte della madre, Esther riceve una lettera che la invita a scoprire il segreto di una donna vissuta negli anni ’30 in Palestina, all’epoca sotto il protettorato britannico. Così, Esther parte per Israele, dove prende avvio un intreccio tra passato e presente.
Chiesa alterna le vicende di un villaggio di coloni degli anni ’30, dove vive Yehudit, con quelle degli anni ’70, in cui Esther cerca risposte. Il regista costruisce un complesso gioco di specchi tra le due donne, che incarnano modi diversi di vivere l’identità ebraica: una, moderna e americana, cerca di comprendere e interiorizzare l’eredità spirituale e culturale dell’altra, pioniera e sradicata dal suo tempo.
Il film indaga così le radici, i valori, e l’identità, sullo sfondo della nascita dello Stato d’Israele. Esther e Yehudit, pur seguendo cammini diversi, giungono a una stessa consapevolezza: la vita va affrontata con empatia, accettando le sue cadute e i suoi drammi.
“Il nostro film è tratto da un testo di Meir Shalev, uno dei massimi esponenti della letteratura israeliana del Novecento – spiega Chiesa – Anche se lontani dall’esperienza di quegli ebrei che all’inizio del secolo lasciarono l’Europa per costruire una società più giusta, abbiamo cercato di salvaguardare e trasmettere quello spirito, che oggi dovrebbe appartenere a tutti.”
Il cast è di grande livello: Mili Avital interpreta Esther, Ana Ularu (rumena) è Yehudit, accanto a Ori Pfeffer, Alban Ukaj e Marc Rissmann. Il film è girato tra Sicilia e Israele, in inglese e in ebraico — dettagli che arricchiscono il racconto di autenticità.