È un viaggio nella storia dell’etrog, il cedro, la suggestiva mostra allestita al Bernard Museum of Judaica di New York, intitolata “Be Etrog, the wandering fruit”. Il progetto dell’esposizione nasce da un’attenta ricerca sull’uso, la cura, la diffusione e la simbologia di questo frutto pregiato, che ha coinvolto gli studiosi e curatori Warren Klein, Sharon Liberman Mintz e Josh Teplitsky, culminato nel libro “Be Fruitful: The Etrog in Jewish Art, Culture and History”, pubblicato nel 2022.
La mostra vanta una collezione vasta e variegata di oggetti antichi: manoscritti, manufatti, contenitori per il cedro, documenti commerciali che attestano la presenza dell’’etroger’ (termine yiddish, utilizzato per indicare colui che vendeva i cedri), e pagine miniate – originali e facsimili – in cui appare il frutto.
Esposte anche alcune monete di bronzo coniate nel periodo della distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme nel 70 e.v., su cui è inciso l’etrog, insieme a mosaici provenienti dal pavimento di una sinagoga a Tiberiade, in Israele, datati tra il VI e l’VIII secolo.
Oltre centro tra manufatti e oggetti di antiquariato arrivano da diverse istituzioni pubbliche e private, tra le quali il Jewish Museum, la New York Botanical Garden Library e l’American Numismatic Society.
Tra i manoscritti, una pagina miniata della Miscellanea Rothschild (Mestre-Venezia 1478-1480) che raffigura un uomo dalla barba bianca con il capo coperto dal tallit, che tiene l’etrog nella mano sinistra e nella destra il Lulav con rami di palma, mirto e salice – questi elementi vegetali rappresentano le ‘arba’ah minim’, le quattro specie, che alludono, tra l’altro, alle quattro lettere del nome di Dio, e sono una caratteristica chiave di Sukkot -.
Presenti anche i contenitori per il frutto, dai più elaborati a quelli più semplici. “Il contenitore per l’etrog diventa un microcosmo: si può osservare come gli ebrei creassero oggetti per abbellire la festa e il rituale. – ha spiegato Mintz alla JTA – In ogni luogo in cui viene realizzata una scatola di etrog, essa riflette un tempo e un luogo dell’arte e dell’estetica ebraica in quel momento”.
Alcuni dei contenitori erano oggetti domestici: come una scatola di zucchero proveniente dalla Germania del XVIII-XIX secolo o quella di senape di proprietà di un commerciante sefardita che viveva nella New York coloniale. “Quando si arriva all’era moderna, all’improvviso gli artisti utilizzano la più recente estetica dell’Art Nouveau. – ha aggiunto Mintz – È un modo meraviglioso di ammirare l’arte ebraica”.
A questi si aggiungono versioni di contenitori ancora più moderni: ad esempio, la scatola d’argento con i fori che permettono di vedere il frutto all’interno e di sentirne il profumo, realizzato da Mila Tanya Griebel; e ancora, una sacca in tessuto, creata dall’artista Rachel Kanter, per contenere il cedro, sulla quale è stampata la ricetta per conservarlo.
“I manufatti, i documenti e gli argenti pregiati – come riporta il sito del museo – presentano la storia di questo piccolo oggetto, l’etrog, come un racconto di dispersione e appartenenza, di tradizione e innovazione, di commercio, un simbolo delle peculiarità del popolo ebraico”.