«La curiosità di sapere come funziona da dentro un essere vivente mi divorava. A casa mi raccontavano che annunciavo che da grande avrei voluto diventare una ricercatrice all’Istituto Weizmann. Come, cosa e da dove sapessi dell’Istituto non mi è chiaro».
Esordisce così Lia Addadi, Professore ordinario del Dipartimento di Chimica e Biologia Strutturale del Weizmann Institute of Science d’Israele, cui nelle scorse settimane è stato consegnata la prestigiosa medaglia d’oro al merito e alla carriera dall’Israel Chemical Society, dopo essere stata insignita nel 2021 dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della ‘Stella d’Italia’. Dall’Italia Lia ha fatto l’aliyà quasi 50 anni fa, fresca della laurea in chimica conseguita all’Università di Padova, a pochi giorni dal matrimonio.
«Tutto il resto è successo come per caso, o almeno questa era la mia impressione mentre vivevo l’esperienza. Arrivai all’Istituto Weizmann, perché cercavo un posto per fare il dottorato di ricerca in Israele. Dopo una giornata di incontri, discussioni e colloqui, ricordo che dissi a Ruben, il mio futuro compagno di tutta una vita: “sembra impossibile, ma ho l’impressione che qui mi vogliano!” Avevo trovato il mio destino».
All’incrocio tra chimica, fisica e biologia, le sue ricerche rivelano i meccanismi delle cellule che costruiscono strutture cristalline di sostegno e di difesa, come nelle ossa, nei denti e nelle conchiglie, e i rapporti della cellula con gli elementi del suo ambiente.
Dieci giorni dopo la nascita di Sefi, il mio secondo figlio, mi chiamò all’Istituto il Professor Arigoni, celebre chimico di Zurigo, e mi disse: “Ho sentito che hai intenzione di spostarti verso la biologia, allora devi andare in post-dottorato dal mio amico Jeremy Knowles”. E fu cosi. Stavo per partire, quando incontrai durante un congresso sull’erba dell’Istituto Weizmann il mio collega Steve Weiner. Mi innamorai della biomineralizzazione che lui studiava, gli dissi: “quando torno vorrei che collaborassimo”. E fu così, e così è fino ad oggi.
Come si è evoluta la sua ricerca?
Piano piano creai il mio spazio di ricerca, dominata dalla passione di sapere come tutti gli animali possano controllare in un modo completo, e esteticamente affascinante, la formazione di cristalli che adempiono a una funzione fisiologica, o in alcuni casi patologica. Oggi studio anche la formazione dei cristalli di colesterolo nell’arteriosclerosi, più vicino che sia mai stata alla medicina.
È stato difficile?
Guardando indietro credo di sì, ma si vede che così doveva essere. Per lunghi anni ho sempre lavorato con l’impressione di non essere all’altezza, e che presto anche quelli che credevano nelle mie capacità l’avrebbero scoperto, e allora tutto il castello di carte sarebbe crollato. Questo è un modo di pensare molto italiano. Ancor oggi vedo che mentre uno studente israeliano va tenuto d’occhio perché tende a mettere le mani dove non dovrebbe, uno studente italiano tiene le mani dietro la schiena, per paura di toccare qualcosa che non sa.
Cosa contraddistingue gli studi in Italia da quelli in Israele?
Come italiana avevo una preparazione teorica molto migliore, e soprattutto sapevo studiare, sapevo formulare ed esporre le mie idee molto meglio degli israeliani. Mi mancava molta preparazione alla pratica strumentale e di laboratorio.
Come è riuscita a bilanciare lavoro e famiglia?
A mia figlia Yael che mi chiedeva: ‘perché tutte le mamme sono a casa nel pomeriggio e tu non ci sei mai?’cercavo di spiegare il concetto di ‘quality time’: che era meglio avere una mamma contenta a tempo limitato di una mamma insoddisfatta a tempo pieno.
Un suo consiglio ai giovani?
La cosa più importante credo sia seguire la propria passione, non senza paura, ben sapendo che non è possibile, ma imparando a viverci insieme. Israele è un mondo con possibilità illimitate da questo punto di vista, un posto in cui chiunque, ma una scienziata in particolare, può costruire la propria vita come vuole, senza essere appesantita da troppe idee preconcette o strutture gerarchiche.