Pubblichiamo di seguito alcuni estratti tratti dal catalogo della mostra “Italiani di razza ebraica” allestita presso il Museo Ebraico di Roma nel nel 2018. La mostra e il catalogo sono stati curati da Yael Calò e Lia Toaff.
Nel 1935-1936, con la conquista italiana dell’Etiopia, si palesa la scelta razzista del Regime. Tuttavia, non è da considerare automatico che la persecuzione si sarebbe estesa dalle popolazioni africane agli ebrei. Tra i fattori che innescano questa nuova politica sono essenziali le dinamiche internazionali: la partecipazione alla guerra civile spagnola e l’aggressione all’Etiopia, paese membro della Società delle Nazioni, avevano segnato un distacco dell’Italia dalle potenze democratiche. La politica imperialista italiana, le sanzioni e l’estromissione dalla Società delle Nazioni, creano una polarizzazione dei rapporti europei: da un lato l’avvicinamento dell’Italia alla Germania nazista, dall’altro l’Inghilterra con la Francia. L’Italia si sente ingiustamente punita dalle potenze “plutocratiche e corrotte”. In un paese alla ricerca di un capro espiatorio, gli ebrei erano visti come il nemico interno legato alle potenze democratiche, parte attiva di questa “cospirazione internazionale”.
Le norme antiebraiche presentano una difficoltà maggiore rispetto a quelle razziste emanate nei confronti dei neri e dei meticci; gli ebrei erano parte del tessuto sociale, economico e culturale italiano. L’esclusione di una parte dei cittadini italiani, gli ebrei, che fino a quel momento aveva goduto di pari diritti, doveva quindi essere compresa e accettata dal resto della popolazione, che avrebbe altresì dovuto considerarli una minaccia per la Nazione. Quegli stessi con cui i contatti erano stati fino a questo momento proficui e costanti, diventano dei nemici. Il 14 luglio 1938, sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare, alcuni scienziati produssero il documento denominato Il fascismo e i problemi della razza, meglio conosciuto come “Manifesto della razza”. Il testo, curato da Mussolini stesso, era inconsistente dal punto di vista scientifico e fu redatto a scopo propagandistico, per dimostrare che il “problema ebraico” avesse un fondamento biologico, non più solamente religioso o filosofico. Da qui la rielaborazione giuridica del concetto di “ebreo”: si passa dalla secolare distinzione ossimorica di ebreo-cristiano a quella di ebreo-ariano. In questo modo ci si accosta alla concezione nazista di “razza”.
Tuttavia, la dottrina ufficiale in Italia, manteneva comunque delle ambiguità di fondo: il concetto biologico e razziale non riesce a sostituire completamente la precedente visione legata alla religione e alla spiritualità, tanto che quest’ultima riappare spesso nell’iconografia e nella terminologia antisemita. La popolazione ebraica italiana, il 22 agosto 1938, è costretta a dichiarare la propria appartenenza alla “razza ebraica”: un vero e proprio censimento; tutti quelli che avevano almeno un genitore ebreo, dovevano autodenunciarsi. Nel settembre del 1938 l’Italia fascista dispone l’espulsione totale dalle scuole di ogni ordine e grado di insegnanti e studenti ebrei, vietando poi agli stessi la possibilità di diventare assistenti universitari e di conseguire l’abilitazione all’insegnamento.
Il 7 settembre vengono poi varate delle norme che prevedono l’espulsione degli ebrei stranieri: oltre 10.000 persone non possono più risiedere in Italia e nei suoi possedimenti, entro sei mesi tutti dovevano lasciare il paese compresi coloro che avevano ottenuto la cittadinanza italiana dopo il 1° gennaio 1919 e che quindi la perdono e tornano ad essere considerati stranieri. Il 6 ottobre 1938 viene compilata la cosiddetta “Carta della razza”, in cui vengono delineati gli aspetti fondamentali e costitutivi dello Stato fascista razziale ed evidenziate tutte le direttive fondamentali della legislazione antiebraica, che di lì a poco avrebbe raggiunto la sua piena affermazione.
La selezione degli estratti del testo è a cura di Michelle Zarfati