“Nella storiografia della Seconda Guerra Mondiale molto spazio è stato dedicato alla lotta armata e alle differenti manifestazioni di resistenza contro gli occupanti… Eppure ciò che strideva con tale descrizione era l’osservare la grande passività della popolazione ebraica e la sua mancanza di forza a combattere il nemico. Uno studio più attento delle memorie raccolte dopo la guerra permette di guardare a questa parte della storia da un punto di vista leggermente diverso e capire meglio i meccanismi che hanno guidato il comportamento degli ebrei confinati nei ghetti e nei campi. Dopo aver analizzato a fondo i loro rapporti, si può capire quali decisioni essi fossero effettivamente in grado di prendere, e come la loro resistenza non fu solo una lotta con le armi in mano”. Con queste parole, che denotano il concreto cambio di passo degli storici rispetto al comportamento degli ebrei nella Shoah, alla luce delle testimonianze e della documentazione emersa in questi decenni, si apre il sito che la Polonia dedica alla commemorazione della rivolta del ghetto di Varsavia a ottanta anni dall’aprile 1943. Il sito – warsaw1943.pl – consultabile anche in inglese, raccoglie gli studi, le storie e i quasi 200 eventi commemorativi organizzati nel 2023 dalla Repubblica di Polonia. Un anniversario al quale le autorità polacche attribuiscono dunque una grande importanza e per il quale sono al lavoro ormai da anni tutte le istituzioni e le organizzazioni che si occupano della storia dell’ebraismo polacco. Tra queste, ne vanno citate almeno tre: il Museo Polin (www.polin.pl) fondato nel 2005 per raccontare la storia degli ebrei polacchi (3.500.000 prima della Shoah) e parte del Ministero della Cultura e del Patrimonio; il Museo del Ghetto di Varsavia, (the Warsaw Ghetto Museum, 1943.pl/en), fondato dalle autorità polacche nel 2018 sul sito del ghetto e non ancora del tutto completato nel suo progetto definitivo; il Jewish Historical Institute (jhi.pl/en), creato come fondazione di ricerca, che da dopo la guerra si occupa di studiare l’ebraismo polacco.
Il Museo Polin titola l’ottantesimo anniversario della rivolta “Non sarai indifferente”, e il 18 aprile inaugura una mostra (che sarà aperta fino all’8 gennaio 2024) dal titolo: “Attorno a noi un mare di fuoco. Il destino dei civili ebrei durante la rivolta del Ghetto di Varsavia”. La mostra, basata proprio sulle testimonianze raccolte da ebrei e non ebrei, da una idea di Barbara Engelking, sociologa polacca specializzata in studi sulla Shoah, si concentra sui circa 50.000 “civili” ebrei (nel senso di non combattenti) che trascorsero lunghe settimane nascosti in bunker e improbabili rifugi. “Nonostante la disperazione, la solitudine, la fame, la sete e la paura – spiega la Engelking – combatterono per ogni giorno, ogni ora e ogni minuto. Rimasero invisibili per molti giorni, nascosti sotto terra e agli ordini tedeschi. È precisamente la loro storia, la storia degli invisibili, che vogliamo riportare alla luce in questa mostra”.
La cerimonia ufficiale di commemorazione si terrà il 19 aprile alla presenza del Presidente della Repubblica di Polonia Andrzej Duda e di molte personalità internazionali. “È in realtà la prima volta che la Polonia organizza una commemorazione di tale portata e con il consenso di tutti”, fa notare il Direttore del Museo Polin Zygmunt Stepinski.
Il mondo ebraico e gli esperti di Shoah seguiranno con molta attenzione come la Polonia presenterà al mondo questo capitolo così singolare e complesso della sua storia. Come è noto infatti, la Polonia si è ingaggiata negli ultimi anni in una lettura in chiave nazionalista della Seconda Guerra Mondiale, in cui sono stati varati perfino dei provvedimenti legislativi allo scopo di presentare il paese soprattutto come vittima dell’occupante nazista e non come collaboratore. L’anniversario della Rivolta del Ghetto di Varsavia, in un momento in cui la Polonia assume un ruolo sempre più centrale in Europa per la sua posizione geopolitica rispetto alla guerra tra Russia e Ucraina, da una parte offre sicuramente alla Polonia stessa un’occasione per attirare l’attenzione del mondo ebraico internazionale presentandosi come un centro affidabile di ricerca e di analisi, dall’altra diventa un inevitabile test di fronte a esperti di Shoah sempre più rigorosi, per i quali la verità storica non può e non deve essere non solo negata, ma neppure distorta e tantomeno manipolata.