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    Cultura

    La meghillà Momigliano, un capolavoro di Salom Italia in mostra al Museo Ebraico di Roma

    Tra i capolavori esposti nella mostra ‘Bellissima Ester’ al Museo Ebraico di Roma, nel giorno di Purim proponiamo la descrizione e la storia della meghillà Momigliano di Casale Monferrato.
    L’opera è stata decorata da Salom Italia, figlio di Mordechai, originario di Mantova, nato tra il 1618 e il 1619, che si trasferì ad Amsterdam tra il 1645 e il 1650. L’esemplare è in pergamena miniata e colorata. L’artista ha creato una cadenza ritmica del testo incorniciando le colonne che sostengono gli architravi, impreziosendo la parte superiore con anfore colme di fiori con nastri e ghirlande sui cui lati sono adagiate due figure femminili che tengono in mano rami di palma. Negli ovali nella parte superiore dei fogli e nei riquadri nella parte inferiore dei fogli sono dipinti con colori tenui panorami non ascrivibili alla narrazione del rotolo di Ester. Tra le colonne compaiono i personaggi di Purim: Ester, Mordechai e Amman. Il frontespizio, firmato Salom Italia e riccamente decorato con sei uccelli e due angeli trombettieri che sostengono un’anfora, permette di risalire al genere di committenza data la presenza, al centro della pagina, delle mani benedicenti, stemma sacerdotale della famiglia dei Cohanim.

    La meghillà è stata donata in ricordo Tiziana Momigliano era nata a Torino il 5 marzo 1911, apparteneva a un’agiata famiglia ebraica piemontese di Caraglio, in provincia di Cuneo. Con i fratelli Arnaldo e Fernanda aveva ricevuto una buona educazione ebraica. In casa si seguivano gli insegnamenti dei prozii Marco Momigliano, che aveva ricoperto la carica di rabbino capo di Bologna, e Amadio Momigliano, talmudista, studioso dello Zohar e amico di Elia Benamozegh. Tiziana si era laureata in letteratura italiana a Torino nel 1936, le leggi razziali le resero impossibile partecipare al concorso per ottenere una cattedra e ancor più la costrinsero a lasciare l’insegnamento fino alla Liberazione. Durante la guerra riuscì a ottenere un documento d’identità falso, con il cognome Gatti faceva la correttrice di bozze, a firma Silvia Spellanzon scrisse un manuale di storia per la scuola media, collaborò all’Enciclopedia della donna con un gran numero di voci per un totale 782 pagine. Entrambi i genitori e undici membri della sua famiglia furono uccisi nei campi di sterminio nazisti. Dal 1945 e fino alla pensione insegnò ininterrottamente latino nelle scuole pubbliche milanesi.
    I colleghi e gli allievi parlavano di lei come di “una docente severa di modi e d’indole, fulminea e inesorabile nel giudicare se stessa prima degli altri, un’osservatrice finissima e una lettrice appassionata”. Per la rivista la «La Scuola Media» pubblicò le sue lezioni di latino. Il proposito era chiaro: “vogliamo tentare innanzitutto sin dalla prima lezione di accogliere con gioia i ragazzi che vengono ad ascoltare le nostre lezioni. Proprio perché il latino è una disciplina facoltativa, l’entusiasmo di chi insegna e di chi impara può essere più genuino e creare una piacevole atmosfera di libertà”. Grazie a Giampiera Arrigoni è possibile apprezzare nel volume: “Il latino con gioia. Lezioni di una professoressa” il metodo e l’originalità di Tiziana Momigliano. Per la nipote Anna Laura Lepschy Momigliano scrisse le sue memorie, vivaci e stimolanti, che vennero pubblicate postume nel settembre 2006, a due anni dalla sua morte avvenuta a Milano il 17 dicembre 2004.

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