David Kertzer, professore di Studi Italiani alla Brown University, autore di opere storiche tra le quali “The Pope and Mussolini” e “The Kidnapping of Edgardo Mortara” ha fatto un lavoro eccellente nel descrivere nel suo nuovo libro “Un papa in guerra. La storia segrete di Mussolini, Hitler e Pio XII” (Garzanti) il comportamento di Papa Pio XII durante la seconda guerra mondiale, grazie anche all’apertura degli archivi del Vaticano.
Il libro inizia con la descrizione delle ultime settimane di vita di Papa Pio XI. L’autore scrive che il vecchio Papa aveva apertamente criticato il tentativo nazista di “creare una religione pagana”. Papa Pio XI aveva preparato un’enciclica da leggere l’11 febbraio 1939, alla presenza di trecento vescovi per celebrare il decimo anniversario del Patti Lateranensi. In questa enciclica si accingeva a denunciare “il razzismo e l’antisemitismo nazista”. Egli morì il giorno prima. La morte di Papa Pio XI avvenuta il 10 febbraio 1939, fu accolta con un sospiro di sollievo dai regimi nazista e fascista.
Due giorni dopo la morte di Pio XI, “Mussolini era ancora preoccupato del discorso del Papa e istruì l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede di verificare se erano ancora rimaste copie dell’enciclica. L’ambasciatore disse al Cardinale Pacelli, che era Segretario di Stato, che distribuire il messaggio del defunto Papa non sarebbe stata una buona idea. Fu così che Pacelli ordinò alla stamperia vaticana di distruggure tutte le copie”. Questo atto di arrendevolezza divenne il modello della politica del Vaticano negli anni della guerra.
Eugenio Pacelli, in Germania come Nunzio Apostolico dal 1917 e segretario di Stato nel 1930 era stato un importante fautore della politica estera vaticana. Dopo il Concordato con Mussolini del 1929, era stato Pacelli a lavorare per il Concordato con Hitler nel 1933. In Italia le leggi sul matrimonio furono rese conformi a quelle della Chiesa cattolica e il cattolicesimo fu riconosciuto quale religione di Stato con l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Il Concordato con la Germania fu fatto al fine di proteggere gli interessi della Chiesa e dei venti milioni di cattolici nel paese. Per Papa Pio XII la difesa di quello che era stato ottenuto con i due concordati divenne un importante motivo per cui volle evitare di antagonizzare Hitler e Mussolini.
Il 1° settembre 1939 la Germania nazista invase la Polonia. Gli ambasciatori di Francia e di Polonia presso la Santa Sede si rivolsero al segretario di Stato, Cardinal Maglione chiedendo se il Papa aveva intenzione di alzare la voce in difesa di un paese cattolico. Tutto quello che ottennero come risposta fu che “Il Papa avrebbe pregato per la Polonia”.
Così come non vi fu una condanna dell’invasione della Polonia e di altri paesi, non vi fu una condanna della retata degli ebrei di Roma il 16 settembre 1943. In quella fatidica mattina la principessa Enza Pignattelli entrò nella cappella del Papa per informarlo della retata degli ebrei del ghetto. Scrive Kertzer: “Il pontefice telefonò al Cardinale Maglione chiedendogli di convocare immediatamente l’ambasciatore tedesco. Incontrandosi con [l’ambasciatore] Wezsacker nel pomeriggio, il cardinale chiese se poteva intervenire, invocando il suo senso di umanità e di carità cristiana”. Weizsacker fece sapere che l’ordine della retata era venuto direttamente da Hitler e non promise di fare nulla. L’intervento del Vaticano fu diretto a estrarre dai prigionieri della retata solo gli ebrei battezzati.
Questo modello di comportamento, che aveva avuto inizio con la morte di Papa XI, proseguì fino alla fine della guerra. Il Papa, timoroso che le sue parole avrebbero potuto causare del male ai cattolici sotto i regimi fascisti e nazisti, e al Vaticano stesso, non espresse mai esplicite condanne dei crimini nazisti e fascisti.
Conclude il Kertzer: “Se Pio XII deve essere giudicato per le sue azioni nel proteggere gli interessi istituzionale della Chiesa Cattolica Romana in tempo di guerra, è possibile sostenere che il suo papato fu un successo”.