Un nonno che racconta una storia ad una nipotina curiosa, agile e abile, e sempre piena di domande. Comincia così, con una delicata illustrazione di un granello di sabbia in un’ampolla trasparente, la vicenda di un bosco. Si tratta però di un bosco speciale nato al posto di un deserto che ora non c’è più, ne è rimasto infatti solo il granello di sabbia custodito nell’ampolla. “L’albero di Sara” di Giulia Bottaro e Fabio Santomauro – edito qualche tempo fa da Giuntina (15 euro) – racconta infatti la storia di un bosco piantato un albero alla volta per contrastare l’avanzare del deserto. Un libro magico e delicato destinato ai più piccoli. Un racconto che coniuga la più stingente attualità con la tradizione ebraica. Anche oggi i deserti avanzano: “Il deserto era un paesaggio mozzafiato, misterioso e bellissimo – spiega il nonno alla sua nipotina Sara dai magici capelli blu – Ma anche molto pericoloso: si stava espandendo in lungo e in largo. A nord: su, su, fino a solleticare la testa delle montagne più alte. A sud: giù, giù, fino a solleticare le pinne dei pinguini più bassi. A ovest stava inseguendo il calar del sole. A est aveva raggiunto le montagne. Fu all’alba che conobbi tua nonna”. Una nonna, che si chiamava ovviamente Sara anche lei, e che “mi ha regalato l’idea più bella e ricca di speranza che si potesse immaginare a quel tempo: piantare un albero in quel deserto dilagante”. Un tempo lontano, come in ogni storia che si rispetti, ma che descrive anche il mondo contemporaneo dove i deserti avanzano inesorabili. Ma la vicenda raccontata dal nonno di Sara non è volta solo al passato ma guarda con attenzione anche al presente. I disegni dai tratti delicati e dai colori lievi accompagnano e illustrano il racconto.
Così il nonno e la nonna piantano alberi in ogni occasione: per il loro matrimonio, per la nascita della mamma di Sara. Ma non era ancora la foresta che volevano. Continuarono così, caparbiamente, a piantare alberi: quello della bisnonna Ariela “grintosa e testarda come sempre”, quello di Anna “circondato da api che si ubriacano e banchettano con il polline dei fiori per farne il miele”. Alberi e ancora alberi, per le nascite, per persone che non c’erano più, per i matrimoni. Con gli alberi sono tornate le scimmie e i pappagalli. Allora, solo allora, i nonni capiscono che i loro alberi erano davvero diventati una foresta. La stessa dove la piccola Sara, gioca, si arrampica, suona una minuscola chitarra. Un libro che racconta una storia moderna e che ne declina il significato ebraico: “Così – prosegue infatti il nonno – abbiamo pensato di festeggiare il ‘Capo d’anno degli alberi’ tra risa, chiacchiere allegre e armonia. Tutti riuniti abbiamo mangiato tanti frutti: fichi, uva, olive, datteri e semi succosi delle melagrane… ma questo lo sai – sorride il nonno rivolgendosi a Sara – perché è sempre stata la tua festa preferita”. Così il racconto di Tu-BiShvat viene declinato nella modernità. Eppure la storia non finisce con la descrizione della nascita della foresta ma con un invito alla responsabilità: nel folto del bosco infatti c’è l’albero di nonna Sara: “Lo riconosci dai cerchi sul tronco. Si chiamano ‘occhi’. Da giovane ne aveva due, durante la vecchiaia sono diventati quattro e ora ne è così piena che non smette mai di guardare. È la guardiana della foresta: controlla che non torni il deserto”. Perché seme dopo seme, albero dopo albero, la foresta deve comunque essere custodita ma, per fortuna e grazie alla perseveranza dei nonni, quando Sara si arrampica sull’albero più alto vede solo cime verdi a perdita d’occhio. E suona, con la sua minuscola chitarra, una canzone composta sempre da Giulia Bottaro e animata da Fabio Santomauro scaricabile scansionando il codice QR sull’ultima pagina del libro.