Al Museo Ebraico di New York è allestita “Mere Things”, “Cose semplici”, prima personale di Ilit Azoulay realizzata negli Stati Uniti e dedicata all’opera dell’artista interdisciplinare nata in Israele nel 1972 che vive e lavora a Berlino. La mostra, curata da Shira Baker, propone una selezione di lavori realizzati dal 2010 ad oggi, presentando fotocollage digitali di grandi dimensioni di oggetti d’archivio che esplorano il modo in cui le immagini e gli oggetti trasmettono conoscenza, modellano la memoria e supportano o minano le narrazioni storiche. Le opere esposte combinano il fotomontaggio con elementi scultorei e sonori per sviluppare diversi aspetti della storia degli oggetti e introdurre strutture immaginarie che espongono i modi in cui gli oggetti possono incarnare significati multipli e mutevoli. Promuovendo la mission del Museo Ebraico, riferimento della numerosa e multiformepopolazione ebraica newyorkese e luogo di esplorazione di valori universali, la mostra incoraggia gli spettatori a riconoscere l’umanità dell’altro riconsiderando il modo in cui percepiamo le storie di chi ci circonda.
Formatasi inizialmente nel campo della fotografia, la pratica di ricerca di Ilit Azoulay esplora il ruolo centrale che la fotografia svolge negli archivi e le idiosincrasie dei sistemi istituzionali creati per preservare e produrre conoscenza.
Unity Totem è la nuova opera creata nel 2024 per la mostra, cercando nella collezione del Museo Ebraico oggetti rituali come i Rimmonim, i terminali della Torah e gli amuleti. Creati per lo più dalle comunità ebraiche di tutto il mondo arabo, in particolare in Marocco, paese di origine della famiglia dell’artista, gli oggetti fotografati sono sospesi e ruotano attorno a un cappello verde che fuma come un cono di incenso mentre proiettano nuova energia spirituale verso l’esterno nel mondo.
La serie Queendom del 2022 si è evoluta in modo simile da una collezione di fotografie del L. A. Mayer Museum of Islamic Art di Gerusalemme. Lavorando digitalmente con le fotografie analogiche di David Storm Rice (1913-1962), storico dell’arte e archeologo ebreo austro-britannico, la Azoulay ha isolato motivi e componenti nelle immagini di vasi metallici islamici medievali. Li ha poi uniti in nuove forme sorprendenti che attingono allo spirito degli oggetti originali, aprendo al tempo stesso a rivisitazioni femministe di miti dominati dagli uomini. Dimostrando le varie vite che un singolo oggetto può condurre, la Azoulay consente allo spettatore di riflettere su come le immagini e gli oggetti siano posizionati per supportare determinate visioni della storia e della realtà e per nasconderne o screditarne altre. Un’altra installazione che riflette su come le istituzioni intermediano la trasmissione della conoscenza, è Shifting Degrees of Certainty del 2014, composta di fotografie di 85 oggetti provenienti da siti storici della Germania in fase di conservazione o ricostruzione. Questi oggetti sono incastonati strettamente insieme, creando equivalenze, a volte poetiche e a volte comiche, con altri oggetti vari come un pappagallo impagliato e un trono imperiale. In una componente audio di accompagnamento, un narratore evidenzia aspetti della storia di ogni oggetto che differiscono da ciò che storici e curatori potrebbero ritenere importante, chiedendo ai visitatori di confrontarsi con il modo in cui la società conserva e interpreta il passato. In mostra è esposta anche una selezione di No Thing Dies del 2017, una serie di collage digitali su larga scala commissionata per l’Israel Museum di Gerusalemme che combina fotografie di oggetti da collezione raramente visti e spazi all’interno del Museo, e Tree For Too One del 2010, un collage fotografico di oggetti trovati dalle pareti di una casa abbandonata a sud di Tel Aviv.