Il The Guardian ha recentemente riportato alla luce alcune verità su un personaggio oscuro ed emblematico. Si tratta di Leni Riefenstahl, attrice, produttrice e regista tedesca, morta nel 2003 all’età di 101 anni. La donna, che aveva a lungo negato di essere a conoscenza delle atrocità naziste, aveva riabilitato la sua immagine nella Germania del dopoguerra. Secondo il giornale, i creatori del documentario “Riefenstahl” hanno trovato negli archivi della regista numerosi documenti sul suo passato, inclusa una lettera del 1952 che descrive in dettaglio il suo ruolo nel massacro di Końskie – pogrom che avvenne nella omonima città polacca ai danni della piccola comunità ebraica che vi era ancora presente. Un episodio estremamente significativo, poiché ebbe luogo oltre un anno dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, provando una volta per tutte, le sue aperte simpatie naziste. Il passato dubbio, la vicinanza ad Hitler e l’impegno nella realizzazione di film e documentari importanti sulla propaganda nazista hanno contribuito a rendere la Riefenstahl una donna dai mille volti.
Proprio su questi temi si concentra il documentario del pluripremiato regista tedesco Andres Veiel “Riefenstahl” presentato fuori concorso all’81esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Un Introspettiva sulla vita di una donna nota ormai per essere una delle figure più dibattute e controverse dello scorso secolo.
In una lettera indirizzata all’ex marito della regista – un maggiore dell’ala paramilitare nazista – un ufficiale di rango inferiore fa riferimento ad un rapporto militare sul massacro di Końskie. Secondo l’ufficiale, “prima di girare una scena al mercato”, la Riefenstahl ha esortato che “gli ebrei della città fossero rimossi dal set”. Spinti da questa osservazione – si descrive nella lettera – alcuni ebrei polacchi tentarono di fuggire e furono subito uccisi”.
Il documentario, scritto e diretto da Veiel, è il primo ad avere pieno accesso all’archivio della Riefenstahl, un tesoro che comprenderebbe più di 700 scatole in cui compaiono 30 ore di conversazioni registrate con il pubblico, compresi ex nazisti. In una lettera, secondo quanto rivelato dal The Guardian, la Riefenstahl piange i suoi “ideali assassinati” rimpiangendo apertamente la fine dell’era nazista. La Riefenstahl catturò inizialmente l’attenzione di Hitler, grazie al suo film muto del 1932 “Das blaue Licht” (La luce blu). Al suo comizio di Norimberga nel 1934, la Riefenstahl girò “Il trionfo della volontà”, considerato uno dei più famosi film di propaganda nazista di tutti i tempi, per il quale Hitler stesso le fornì risorse illimitate. Due anni dopo, la donna documentò le Olimpiadi di Monaco del 1936 nel film “Olympia”, un’ode all’estetica del corpo nazista.
La Riefensthal continuò a produrre propaganda nazista durante la Seconda guerra mondiale, documentando anche la parata della vittoria di Hitler a Varsavia. Dopo la guerra, fu detenuta dagli Alleati e sottoposta a denazificazione, ma si scoprì che era stata solo una “compagna di viaggio” dei nazisti e non una criminale di guerra. La donna ha vissuto il resto dei suoi giorni in una villa sul lago a Pöcking, vicino a Monaco di Baviera, continuando a lavorare nel campo della cinematografia. La sua reputazione venne poi riabilitata a tal punto che le venne commissionato di fotografare le Olimpiadi di Monaco del 1972, 36 anni dopo il suo tributo all’atletica nazista. Mai ufficialmente membro del partito nazista, la Riefenstahl vinse circa 50 cause per diffamazione contro persone che la accusavano di partecipazione ai crimini nazisti. Grazie al documentario “Riefenstahl” la figura della regista viene svelata, riportando alla luce la sua collaborazione con il regime nazista, anche dopo la guerra.