Per la prima volta, il teatro nazionale svedese mette in scena un’opera in Yiddish: “Waiting for Godot” (Aspettando Godot), di Samuel Beckett.
“Non lo volevo da nessun’altra parte se non al Dramaten (Palcoscenico nazionale svedese per il teatro) – ha detto Lizzie Oved Scheja, direttore esecutivo del Jewish Culture in Svezia – Crediamo che la cultura ebraica debba far parte di quella svedese ed essere presentata su tutti i palcoscenici più importanti del paese”.
I tre spettacoli hanno fatto il tutto esaurito, attirando persino membri di spicco della politica. “Il trionfo di una cultura che avrebbe dovuto essere spazzata via dalla Shoah” ha concluso Scheja.
L’opera è collegata in qualche modo all’ebraismo: il biografo di Beckett scrisse che ad ispirare il drammaturgo sia stata la storia di un suo amico ebreo catturato dai nazisti e morto poco dopo la liberazione. Infatti, in una prima bozza del racconto, il nome di un personaggio era “Levy”. Significativo è anche il concetto della “attesa”, che ritorna nel titolo.
Tradotta da Shane Baker, l’opera è stata presentata in anteprima nel 2013 dalla New Yiddish Rep, una compagnia teatrale di New York City guidata dal sopravvissuto alla Shoah Moshe Yassur, che ha definito il concetto dell’attesa “parte integrante della tradizione ebraica: il popolo di Israele aspetta il Messia da 2000 anni”.
La lingua Yiddish gode di una lunga storia nel paese, risalente addirittura al XVIII secolo quando agli ebrei fu permesso di stabilirsi nel territorio. Il suo utilizzo crebbe ulteriormente nel Novecento a causa della grande emigrazione ebraica dalla Russia e della Seconda guerra mondiale, quando la Svezia diede rifugio a migliaia di sopravvissuti alla Shoah.
Nel 2000, lo yiddish è diventato ufficialmente una delle lingue minoritarie del paese (insieme a finlandese, sami, meänkieli e romani), ma il suo status di “patrimonio culturale” gli ha giovato in termini di finanziamenti governativi per iniziative volte alla sua preservazione.
La radio svedese, per esempio, trasmette un programma chiamato “Yiddish for All” (Yiddish per tutti), e due anni fa l’editore Nikolaj Olniansky ha pubblicato la traduzione yiddish di “Harry Potter”, in parte coi finanziamenti del governo. “Finché il popolo ebraico sopravviverà, sopravviverà anche la lingua yiddish” ha concluso Moshe Yassur.