“È una storia che conoscevamo bene, non abbiamo fatto scoperte che ci hanno rivelato qualcosa di nuovo o sconvolto ma vedere il libro pubblicato ha dato a molti della mia famiglia un’emozione grande e condivisa”. Giordana Tagliacozzo condensa così, in poche parole, un lavoro di ricerca durato anni al quale ha accompagnato un lavoro di tessitura di legami famigliari, di raccolta di testi, ricordi e disponibilità di tante persone diverse tra Italia e Israele, Roma e Torino. Dell’esistenza del diario di nonna Tosca tutti in famiglia sapevano e tutti – anche i nipoti – l’avevano letto fin da bambini. Ma per decenni è restata una lettura privata, destinata ai famigliari che condividevano ricordi ed emozioni anche lungo le generazioni. Probabilmente questa era anche l’intenzione di Tosca, mancata nel 1969. Oggi però, dopo quasi venti anni di lavoro, il Diario – curato da Giordana Tagliacozzo – viene invece finalmente pubblicato come prima parte di un volume poderoso e corale: “Il ritorno di Tosca, Auschwitz – Roma, Eretz Israel – Roma”. Il libro – di Silvio Zamorani editore – è infatti uno straordinario racconto collettivo della vita di una famiglia ebraica tra il 1943 e la fine degli anni Quaranta. Insieme al Diario di Tosca Di Segni Tagliacozzo sono infatti riportate decine e decine di lettere che intrecciano i destini dei membri di una famiglia allargata e sparsa negli anni della guerra (vi sono missive da Fossoli a Roma) e poi tra Roma e tanti luoghi diversi di Israele, allora sotto mandato inglese. Quando Tosca torna dai campi di sterminio, prima ad Auschwitz e – dopo vari spostamenti – fino a Theresienstadt, trova il padre e le sorelle Bianca e Clara con le loro famiglie a Roma ma i suoi quattro figli – nomi significativi per la comunità ebraica romana quelli di Umberto, Fausto, Sergio e Armando Tagliacozzo – sono partiti per la Palestina affidati al fratello Ettore. Da allora iniziano le lettere con i figli, il fratello, la sorella: anche in Israele la famiglia è divisa e gli scambi epistolari, fitti e numerosi, danno conto di difficoltà e piccoli successi, della complessità dell’inserimento per alcuni o della facilità di apprendimento per altri. Emerge una diversa visione tra i giovani e gli adulti sulle prospettive da dare al proprio futuro.
Un libro importante per ciò che racconta della realtà di allora – ogni singola voce rivela una sensibilità e una storia specifica – e per ciò che rappresenta averlo pubblicato oggi a tanti decenni di distanza. “Nei famigliari della mia generazione – commenta Giordana Tagliacozzo – c’è chi lo ha letto in un attimo, altri che hanno dovuto fermarsi per dare tempo alle emozioni di sedimentare. Ognuno lo ha recepito in modo diverso”. “Mi domando – aggiunge – come mai siano stati necessari tanti anni anche a me per raccogliere, scansionare, trascrivere e organizzare tutto il materiale. Sicuramente ero talmente coinvolta dalla vicenda di mia nonna, di mio padre e di tutti gli altri che ogni tanto avevo bisogno di staccare emotivamente e lasciare sedimentare le emozioni per qualche tempo”. Al di là però della vicenda specifica la risposta di Tagliacozzo offre una spiegazione solo parziale: oggi sono in molti, fra i figli di chi bambino subì la Shoah e la guerra, la generazione nata negli anni sessanta, che avvertono forte l’esigenza di una presa di parola, di raccogliere le storie famigliari e di dargli senso, di allungare la prospettiva temporale e raccontare che non si è affatto tutto concluso con la fine della guerra. Anche la vita – dopo la Liberazione – ha pagato il suo scotto. Oggi però, divisi tra Italia e Israele, i nipoti di Tosca, sono dieci e i pronipoti ventiquattro.
“Avevo tutto questo materiale – prosegue Tagliacozzo – e non sapevo cosa farci perché c’erano dentro davvero tante storie diverse. Io volevo approfondire il tema delle alyoth non riuscite – Tosca e i suoi figli insieme ad altri parenti tornano infatti in Italia un paio di anni dopo ndr – mi sembrava una questione di cui si è parlato poco, poi mi sono resa conto che l’idea migliore era pubblicare tutto, le lettere originali sono oltre trecento e alla fine sono state pubblicate praticamente tutte. Manca qualcosa sui successi scolastici dei bambini o minuzie che non avrebbero interessato i lettori”. La prefazione del libro è dello storico Fabio Levi che segnala: “Il carteggio nel suo insieme, per come è stato costruito e per come è stato presentato – qui hanno giocato insieme la ricchezza delle fonti, la generosa disponibilità dei loro possessori e la sensibilità della curatrice – permette al lettore di fare quello che non sempre i libri di storia aiutano a fare: di osservare la realtà mentre i singoli attori la stanno costruendo”. Un itinerario di ricerca, riprende Tagliacozzo: “a cui proprio Fabio Levi ha offerto la visione generale di come si sarebbero dovute trasformare tutte queste carte in un libro. E’ stato lui, ad esempio, ad insistere sulla pubblicazione di molte lettere”.
L’autrice – che nel 2005 ha curato anche il libro testimonianza “Dedizione” di Miriam Lea Reuveni, edito da Le Chateau – si domanda, proprio mentre lavora a quelle memorie, se non fosse giunto il tempo di raccontare anche la storia della propria famiglia: è iniziato così, oltre venti anni fa, un viaggio attento e partecipe tra le carte.
Un libro che pone alcuni problemi etici a cui Tagliacozzo non si è sottratta: “Si è trattato di rendere pubblica una corrispondenza tra persone che non ci sono più e alle quali non ho potuto quindi chiedere il permesso. E’ una questione che mi ha turbata, solo dopo averci pensato a lungo ho deciso di pubblicarla comunque”. Rendere pubblica la storia di una famiglia, raccontandone aspetti tanto intimi come quelli che emergono da un epistolario, aiuta a costruire percorsi specifici e a togliere alla storia il suo anonimato. “Ma – conclude Tagliacozzo – una cosa che mi è mancata è raccontare le mie emozioni nel corso di questa ricerca. Dopo aver scritto del ritorno di Tosca mi piacerebbe scrivere del viaggio di Giordana”.