Il contributo dell’attività svolta dall’istituzione fondata da Steven Spielberg per la conservazione della memoria e per la costruzione di un futuro migliore
Consapevole del “potere della testimonianza diretta per aiutare gli studenti e il pubblico in generale a riconoscere e combattere l’antisemitismo, il razzismo, la xenofobia e altre forme di odio”, nel 1994 Steven Spielberg decise di fondare la Shoah Visual History Foundation, il cui scopo “è dare l’opportunità ai sopravvissuti e ai testimoni della Shoah di raccontare le proprie storie con parole proprie in interviste audiovisive, preservare le loro testimonianze e renderle accessibili per la ricerca, l’istruzione e promuovere il progresso dell’umanità in perpetuo”. L’Istituzione è parte dell’Università della California del Sud (USC) e ha assunto il nome di USC Shoah Foundation-The Institute for Visual History and Education.
Il database della fondazione comprende circa 55.000 interviste effettuate in 56 paesi in 44 lingue diverse, accessibili da 181 istituzioni presenti in 23 paesi nel mondo, riguardanti le vicende, nell’arco cronologico tra il 1933 e il 1945, raccontate da ebrei, omosessuali, sinti e rom, vittime di esperimenti genetici e anche alcuni di coloro che aiutarono i perseguitati, parteciparono alla resistenza, alla liberazione dei campi di sterminio e ai successivi processi per crimini di guerra. Il tutto è consultabile presso l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi in Roma.
Nel 1998 il progetto ha coinvolto l’Italia e io sono stata tra gli intervistatori scelti per realizzare complessivamente 434 interviste. Grazie alla collaborazione con la Direzione Generale per gli Archivi italiana, dal 2002 queste sono consultabili presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma in sede e, dal 2011 nel portale “Ti racconto la storia: voci dalla Shoah”(shoah.acs.beniculturali.it).
Tali interviste sono catalogate e indicizzate grazie a un software dedicato e costituiscono una fonte preziosa di informazioni per storici, ma anche cultori della materia e per tutti coloro che sono impegnati nella costruzione di un futuro migliore sulla base degli errori/orrori accaduti in passato.
Per quanto riguarda la razzia degli ebrei romani avvenuta il 16 ottobre 1943, spiccano i nomi di Settimia Spizzichino, Leone Sabatello e Arminio Wachsberger: nella schedatura sono evidenziati i temi riguardanti la detenzione al Collegio Militare, i rapporti con i familiari durante la deportazione, e, ovviamente, tutto quello che concerne la deportazione stessa.
Si tratta di storie rilevanti e complesse; a tale riguardo si segnalano anche il libro “Gli anni rubati. Le memorie di Settimia reduce dai lager di Auschwitz e Bergen-Belsen” scritto da Settimia Spizzichino in collaborazione con Isa Di Nepi Olper nel 1996 per il Comune di Cava de’ Tirreni e il volume di Gabriele Rigano su Arminio Wachsberger, “L’interprete di Auschwitz” pubblicato nel 2016 da Guerini e Associati.
Per quanto riguarda Leone Sabatello, i suoi ricordi comprendono un episodio particolarmente significativo, esempio vivido dell’importanza delle fonti orali nella ricostruzione storica: egli, durante una rarissima sosta del treno, arrivò che i vagoni stavano già partendo e fece di tutto per risalirvi, a causa della minaccia dei nazisti di fucilare tutta la famiglia se qualcuno fosse fuggito.