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    Cultura

    “Golda. Storia della donna che fondò Israele”. Intervista all’autrice Elisabetta Fiorito

    Golda Mabovitch Meyerson, semplicemente Golda Meir, la madre d’Israele, è stata la prima e unica donna tra i padri fondatori dello Stato d’Israele ad avere ricoperto il ruolo di Primo Ministro. A questa figura, Elisabetta Fiorito, giornalista di Radio 24 e collaboratrice di Shalom, ha dedicato il libro “Golda. Storia della donna che fondò Israele”, da poco disponibile in libreria. Abbiamo intervistato l’autrice.

    Quali sono i tratti che più l’hanno colpita di questa figura?

    Era una donna schietta, diretta, cha sapeva dare valore al tempo e per questo non lo faceva perdere a nessuno. In un mondo in cui si cerca di nascondere la verità, Golda sapeva dirla. Il 25 gennaio 1948, a Chicago, incontrò gli enti ebraici che, come lei ben sapeva, non erano sionisti: parlò e cambiò la storia, riuscì a raccogliere i fondi che resero possibile la creazione dello Stato d’Israele. Golda era frugale: quando giunse a Mosca nel 1948 con l’incarico di ambasciatore in Unione Sovietica rimase colpita dai costi spropositati della vita e li ridusse allo stretto necessario. Da Ministro degli Esteri, prima di lasciare l’ufficio spegneva le luci, quando non ricopriva cariche pubbliche viaggiava in autobus, nutriva un profondo rispetto per il bene pubblico e lo dimostrava con la sua frugalità connaturata: una dote che le è sempre stata riconosciuta unanimemente.

    Come intendeva condurre Israele sulla strada della pace?
    Golda sapeva che Israele era nato per essere il paese in cui nessun ebreo sarebbe più stato perseguitato, tutta la sua politica è stata caratterizzata dalla ricerca della sicurezza per il suo popolo. Solo uno Stato libero e sicuro avrebbe potuto vivere in pace dai suoi vicini.

    Il suo libro propone approfondimenti inediti sui rapporti con l’Italia.
    Golda ebbe un legame in ambito socialista con Pietro Nenni, lo considerava un gentiluomo,lui continuò sempre a sostenere Israele anche negli anni in cui la politica italiana voltò le spalle allo stato ebraico. Incontrò Aldo Moro a New York, nel 1970, fu un incontro disastroso che di fatto sancì la rottura tra i due paesi per la politica filoaraba intrapresa dall’allora ministro degli esteri democristiano. Oriana Fallaci e Golda si incontrano più volte, fu la cronista che meglio riuscì ad entrare in sintonia con lei, parlarono della vita privata della premier, di femminismo: non lo aveva mai fatto. La Fallaci rimaneun punto di riferimento per gran parte dei volumi dedicati a Golda.

    In che senso Golda è stata una donna libera?
    Golda ha saputo scegliere la libertà in un momento in cui la libertà per le donne non c’era. La definirei anacronistica rispetto alle donne del suo tempo, sapeva sognare, nella vita pubblica come nel privato. Ma sapeva anche ritirarsi con orgoglio come fece nel 1974 per lasciare il posto di premier a Rabin: prese la sua borsetta, camminò lentamente, si sedette al suo poso alla Knesset, due giorni dopo si dimise dalla Knesset:era finita la sua era.

    Le ultime pagine sono dedicate all’addio a Golda: quale messaggio vuole lasciare?
    Golda è morta il 12 dicembre 1978: grazie agli archivi di Shalom ho letto gli articoli e le testimonianze di quel giorno. Le parole di Arrigo Levi apparse su La Stampa: sono l’affresco di un paese in cui finisce il sogno sionista dei grandi padri fondatori, in cui con la morte di Golda sancisce il passaggio epocale dall’Israele del kibbutz all’Israele della tecnologia.

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