Alla Festa del Cinema di Roma, in concorso nella sezione “Visioni per il mondo di domani”, c’è Shttl di Ady Walter. Gian Luca Farinelli, Presidente della Festa, è andato alla ricerca dei grandi autori di domani. E il regista argentino Walter è uno di questi.
“Il festival è dedicato al cinema indipendente legato al grande schermo, per dare luce a temi altrimenti dimenticati”. Le parole di Farinelli rappresentano alla perfezione il senso di Shttl: un film che dona nuova vita ad una realtà dimenticata, quella degli shtetl, i piccoli e grandi villaggi ebraici dell’Europa orientale prebellica.
La Direttrice artistica Paola Malanga, nel raccontare il programma uscito il 22 settembre, descrive “una Festa che respira l’aria del tempo presente, del mondo in cui viviamo, con ancora evidenti i segni lasciati dai due anni di covid. Una Festa fatta di un cinema in cui troverete anche l’Ucraina; una sorta di memoria aumentata, con tanti elementi autobiografici che emergono in autori di età più diverse, e in persone che hanno incontrato la storia con la S maiuscola, e il fantasma di un secolo, il Novecento, poi non così breve; e ancora il cinema di genere, western e commedia romantica in particolare, ma rinnovati”.
È proprio la storia contemporanea la protagonista di Shttl senza “e”, un omaggio del regista allo scrittore francese Georges Perec e il suo romanzo La Scomparsa del 1969, scritto omettendo la “e”. Nel caso di Walter è sinonimo di assenza, vuoto, distruzione. Già dal titolo è chiara la volontà dell’autore di riempire nuovamente quello spazio tramite il ricordo, raccontando la storia di un giovane di nome Mendele, appassionato cinefilo, che torna a casa, nel suo shtetl Rovzhi, non lontano da Kiev, in Ucraina.
La storia con la “s” minuscola si intreccia poi con quella con la “S” maiuscola. Infatti, si dà il caso che Rovzhi si trovi al confine con la Polonia. Siamo nel 1941, ventiquattr’ore prima dell’occupazione nazista, la celebre “Operazione Barbarossa”, che cambierà per sempre le sorti dell’Europa tutta. Mendele è alla ricerca della propria amata, promessa sposa del Rabbino Capo del villaggio. I due protagonisti sono travolti dalla Storia e, come tanti abitanti ebrei degli shtetl e non, sono costretti a fuggire.
Gli attori del film sono volti noti, come il canadese Saul Rubinek, celebre attore nel classico Wall Street del 1987 e nella più recente serie comedy The Marvelous Mrs. Maisel. Rubinek parla correntemente yiddish, interpreta il Rabbino di Rovzhi, ma nonostante la lunga carriera e i diversi ruoli nel cinema, rivela alla stampa: “non sono mai stato nell’Europa orientale a lavorare in yiddish come faceva mio padre prima che Hitler lo fermasse”.
Ad interpretare la giovane innamorata di Mendele è Anisia Stasevich, originaria di Odessa, che per il ruolo ha imparato l’yiddish, seguita dall’insegnante Eli Rosen, consulente per la celebre serie tv Unorthodox.
La portata autobiografica di Shttl, presente nel regista e in chi lo interpreta, proietta sullo schermo un film tanto intimo quanto universale. Ady Walter sceglie come opera d’esordio un racconto complesso di un momento storico preciso, la Shoah, e della cultura ebraica più profonda, gli shtetl, in un luogo specifico, l’Ucraina occidentale, oggi più che mai territorio di una tragedia.
Per realizzarlo, il regista ha scelto di ricostruire da zero uno shtetl, con la speranza futura che si trasformi in un museo a cielo aperto. La co-produzione ucraina e francese si è accordata per comprare case e palazzi abbandonati e riqualificarli, ricostruendo un intero villaggio a circa 60 km da Kiev.
Un’operazione tanto audace quanto simbolica, voluta fortemente dall’autore: “il film è un simbolo, in movimento, della Shoah, non come un evento preciso completamente a sé. Sono stato ossessionato per anni su come fare un film su questo disastro, e ho pensato, beh, forse l’unico modo per farlo non è attraverso la finzione, ma mostrando la vita – che in effetti sta per svanire – piuttosto che mostrare distruzione e morte come vediamo quasi sempre nei film su questo argomento fondamentale”. La scenografia dell’opera, realizzata in cinquanta giorni da Ivan Levchenko, in effetti, dona nuova vita alla memoria storica dell’Europa orientale.
Ad oggi, l’unico shtetl dell’Ucraina tutt’ora esistente è a Bershad, una piccola cittadina non lontana da Kiev. Da domani, grazie a Shttl di Walter, sono due.