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    Cultura

    Alessio Kubjsckin: quando le fonti documentarie e quelle orali concorrono a costruire la Storia

    Affermare che la ricerca storica non finisce mai non è un luogo comune. I 76 ebrei uccisi nel massacro delle Fosse Ardeatine – attuato dai nazisti il 24 marzo 1944 a seguito dell’azione partigiana effettuata il giorno prima contro l’11^ Compagnia del 3° Battaglione del SS Polizeiregiment Bozen – che hanno un sacello nel Mausoleo (di cui Shalom ha già parlato recentemente nel n. 3-4 di marzo-aprile 2024), risultano oggi 75.
    Questo grazie al ritrovamento e all’analisi di fonti documentarie e orali, presentate nell’ottantesimo anniversario della strage presso l’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica, effettuate nell’ambito del progetto ViBiA (Archivio Virtuale Biografico vittime delle Fosse Ardeatine) diretto dal 2015 da Alessia A. Glielmi (Università degli studi di Roma Tor Vergata) in collaborazione con 12 partner, tra cui la Comunità Ebraica di Roma (Archivio Storico “Giancarlo Spizzichino”).
    Alessio Kubjsckin (Alexey Afanasyevich Kubyshkin) è una vittima la cui vicenda non è mai stata chiara in quanto compariva solamente sulla lapide posta il 24 marzo 1946 dal rabbino capo David Prato sull’edificio del Tempio Maggiore di Roma (lato Lungotevere de’ Cenci).
    Nacque nel 1921 in Russia, a Mtsensk, nella provincia di Orel. Fu cadetto presso la Scuola Elettromeccanica Navale di Kronstadt e fu arruolato sul cacciatorpediniere Strong. Nel 1941 era nella 7a Brigata Navale alla difesa di Leningrado (oggi San Pietroburgo); fu ferito a sud della città, nelle colline di Pulkovo. Catturato dai nazisti, fu portato nel campo di concentramento di Pskov e nell’autunno del 1942 fu trasferito a Roma. Riuscì a scappare e fu nascosto da Angelo Galafati nella cui casa erano stati accolti anche un altro soldato russo, uno belga e uno francese: furono tutti arrestati.
    Nelle schede della prigione di via Tasso Alessio Kubjsckin risulta preso il 13 marzo 1944, detenuto nel carcere di Regina Coeli, trasferito 9 giorni dopo a via Tasso e quindi destinato a un campo di prigionieri di guerra il 1° maggio 1944.
    La sua salma fu riconosciuta dalla vedova di Galafati che morì giovane e i discendenti non sono stati in grado di spiegare su quali basi era stato individuato il cadavere; pare si parli di una mantella la quale, però, non è citata negli oggetti rinvenuti nelle Cave dal dr. Attilio Ascarelli, che volle fortemente e si occupò del riconoscimento dei corpi che giacevano accatastati gli uni sugli altri alle Fosse Ardeatine.
    Presso l’Archivio del Museo storico della Liberazione di Roma sito in via Tasso, in una miscellanea, sono stati rinvenuti articoli successivi alla Seconda Guerra Mondiale, in cui è scritto: “Vivo il partigiano sovietico ‘fucilato’ alle Fosse Ardeatine”, “E’ vivo il soldato russo ‘sepolto’ alle Ardeatine”, “Un Martire senza nome nella tomba 329 delle Fosse Ardeatine”.
    Anche nel volume del dr. Ascarelli, “Le Fosse Ardeatine”, all’interno dell’edizione stampata nel 1965, è scritto che Alessio Kubjsckin era riuscito a scappare e si trovava in Crimea; nello stesso anno fu pubblicato un libro in russo sulla sua storia.
    A gennaio 2024 lo staff del progetto ViBiA rintracciò la figlia Larisa e il nipote dalle cui interviste, pubblicate in un podcast sul sito del progetto ViBiA realizzato dalla documentarista Michela Micocci, emerge che “Non voleva parlare del massacro perché per lui era stato un momento terribile” e “Non sapeva chi fosse stato ucciso al posto suo”.
    Allora chi è la salma sepolta nel sacello 329? Si ipotizza che possa essere l’altro russo arrestato insieme a Kubjsckin, incarcerati entrambi nella cella 296 di Regina Coeli, oppure un inglese che era nella cella 295 il cui nome non è mai comparso nell’elenco delle vittime, ma la cui scheda, conservata nell’Archivio del Museo storico della Liberazione, sembra presentare le stesse caratteristiche delle schede delle vittime.
    A seguito del lavoro nell’ambito del progetto ViBiA risultano 4 vittime accertate ma non ancora identificate: 1) Calò Cesare, 2) Soike Bernard, 3) De Micco Cosimo, 4) Monti Remo; i primi 2 sono ebrei.
    Quindi il numero delle vittime ebree a oggi, comprendendo anche i 2 dei quali non si è ancora individuato il sacello, risulterebbe essere 77. La ricerca prosegue…

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