
Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha invitato l’ex ostaggio Eli Sharabi alla Casa Bianca dopo aver visto la sua testimonianza a Channel 12. Lo ha riferito il fratello di Sharabi domenica. Sharabi volerà a Washington lunedì per incontrare il Presidente il giorno dopo, come spiegato dal fratello alla stampa locale.
“Sei a 50 metri sottoterra. Le condizioni sanitarie sono terribili. Fai la doccia una volta al mese con una bottiglia d’acqua, o mezzo secchio di acqua fredda” ha raccontato Sharabi, descrivendo i 491 giorni di prigionia nelle mani di Hamas. “Avevo catene sulle gambe, fino al giorno in cui mi hanno liberato. Alcune persone sono state incatenate solo per metà del tempo: io sono stato incatenato per un anno e quattro mesi” ha raccontato Sharabi. Una lotta continua per sopravvivere in quei tunnel della morte, ma il vero incubo attendeva Sharabi al suo ritorno. Solo una volta libero e finalmente in Israele ha scoperto che sua moglie Lianne e le due figlie, Noiya e Yahel, erano state uccise da Hamas il giorno stesso in cui lui era stato rapito. Per tutto il tempo della sua detenzione nelle mani dei terroristi, Sharabi ha sperato di abbracciarle di nuovo, quando nessuna di loro era più in vita.
Durante l’intervista Sharabi ha rivelato non solo altri episodi scioccanti circa la sua prigionia, ma anche dettagli sul suo recente avvicinamento alla fede, spiegando che, sebbene non sia mai stato una persona religiosa, nei momenti più difficili a Gaza ha riscoperto il potere della preghiera. “Non sono una persona religiosa, ma dal momento in cui sono stato rapito ho cominciato a recitare lo Shemà Israel ogni mattina, qualcosa che non avevo mai fatto in vita mia. Il potere della fede è straordinario”.