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    ROMA EBRAICA

    Da Salvatore ad Alberto: il contributo della famiglia Fornari al Museo Ebraico di Roma

    La recente scomparsa di Alberto Fornari z.l. mi ha riportato subito alla mente un episodio legato alla cara memoria di Daniela Di Castro z.l., ideatrice del nuovo Museo Ebraico di Roma, che ha diretto dal 2005 al 2010. Una mattina di marzo del 2010, pochi mesi prima della sua prematura scomparsa, e già da tempo provata dalla malattia, arrivò in ufficio felice ed entusiasta perché aveva finalmente trovato i bozzetti delle vetrate realizzate nel 1980 per il precedente Museo dalla pittrice jugoslava, ma naturalizzata italiana, Eva Fischer. Contattata da Alberto Fornari con l’intento di donare al Museo alcuni oggetti appartenuti al padre Salvatore, primo direttore del Museo Ebraico di Roma, era appena tornata da casa Fornari per visionare il materiale, facendo questa bellissima scoperta.
    Con grande generosità Alberto Fornari aveva deciso infatti di donare all’istituzione così cara al padre questi sei bozzetti a olio su tavola, raffiguranti le quattro città sante del mondo ebraico (Gerusalemme, Hebron, Safed e Tiberiade), insieme alla raffigurazione della città di Roma e ad una scena di Benedizione, in cui è ritratto il marito Alberto Baumann nell’atto di benedire il figlio Alan. Evidentemente la pittrice aveva lasciato i bozzetti a Salvatore Fornari come ringraziamento per la committenza a lei conferita di quel prestigioso lavoro, per il quale Fornari si era rivolto anche a Marc Chagall. Addirittura dietro il bozzetto della vetrata Benedizione c’era, ed abbiamo deciso di lascarlo lì, un piccolo foglio manoscritto firmato dal padre Salvatore, del 3 aprile 1983, in cui specificava che donava il bozzetto “al figlio Alberto con la speranza che la Berachà lo accompagni per tutta la vita”. I pannelli di Eva Fischer sono solo una parte di questa corposa donazione del 2010 che comprendeva altri ventiquattro oggetti tra i quali due belle Channukkiot in ottone del sec. XVIII, un Machazor con legatura d’argento del 1772, due Ketubbot del sec. XIX, due acqueforti di Eva Fischer, una litografia di Carlo Levi, due frammenti della cancellata delle Fosse Ardeatine, e diverse medaglie commemorative israeliane e romane, oltre a una copia del “Giornale di Roma” del 1864 e a novantotto rare foto di bolli di argenti romani.
    Ma non era quella però la prima volta che Alberto Fornari pensava al Museo, a cui si sentiva sicuramente legato in ricordo del padre, che era venuto a mancare nel giugno del 1993. Già nel 2008 aveva infatti donato una Chiave di Aròn in argento, commissionata dal padre, diverse stampe fotografiche e negativi su pellicola e su vetro realizzati da Salvatore negli anni ’70, un ricchissimo archivio fotografico relativo alla Roma ebraica del tempo, e quattro rari Bollettini (da lui chiamati amuleti mizrah) per i quattro punti cardinali in inchiostro su pergamena, che erano appesi nel negozio di rigattiere del nonno Alberto in via della Scrofa. Nella relativa lettera di donazione aveva cura di specificare che una foto del negozio è nel libro Come eravamo, segno del suo attaccamento per l’antica attività di famiglia, che aveva orgogliosamente proseguito.
    Nel 2014 infine volle arricchire per l’ultima volta la collezione museale con una rara Lampada per Shabbat in bronzo del sec. XIX, in memoria della moglie Nelly Namiach. Ricordando i suoi cari, al cui nome Alberto Fornari z.l. ha voluto legare queste belle e importanti donazioni, oggi il Museo Ebraico di Roma ha voluto qui ringraziarlo e rendere omaggio alla sua memoria. Il suo ricordo sia di benedizione. Baruch Dayan HaEmet.

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