In un momento in cui il mondo è segnato da fratture profonde, Rachel Goldberg-Polin condivide con Voice of the People una lettera che, al tempo stesso, è una confessione e un appello. Dopo la tragica perdita del figlio Hersh, uno dei giovani ostaggi assassinati a Gaza, Rachel si ritrova a dover “navigare in un mare di assenza”, cercando di orientarsi nel vuoto che il figlio ha lasciato. Le sue parole sono un grido di dolore, una ricerca disperata di senso e una richiesta di ascolto, per dare voce a chi, come lei, continua ad avere speranza.
Rachel si presenta non solo come madre, ma anche come moglie, amica, insegnante e donna a metà fra le sue radici israeliane e quelle americane. Dopo aver sepolto il corpo ferito e contuso di Hersh il 2 settembre, Rachel è alla ricerca di un nuovo scopo, di una nuova direzione verso cui orientarsi.
“Sto cercando di diventare una navigatrice, di intraprendere un’odissea verso l’ignoto, e questo viaggio inizia adesso. ‘Adesso’ può significare qualsiasi momento in cui trovo la forza mentale, psicologica e spirituale per affrontarlo”.
Confrontarsi con un dolore così devastante, sotto l’occhio attento e incoraggiante di chi l’ha sostenuta nella lotta per la liberazione del figlio, ha reso tutto ancora più difficile. “Sono sempre stata felicemente anonima, un’introversa che si trova bene da sola”, confessa Rachel, abituata fin dall’infanzia a trovare conforto nella solitudine. “Per 330 giorni, nel tentativo di salvarlo, ho condiviso Hersh con molte persone, e ora lui e la mia famiglia sono diventati riconoscibili per alcuni. Sono grata per il sostegno ricevuto da chi ha considerato Hersh come uno di loro, in questo triste ed oscuro capitolo iniziato il 7 ottobre 2023, data in cui il nostro mondo si è irreversibilmente capovolto”.
Nella lettera, Rachel esprime profonda gratitudine nei confronti di tutti coloro che l’hanno aiutata e che hanno condiviso parte dei loro dolori personali come forma di sostegno. “C’è un surplus di sofferenza che le persone portano dentro, aspettando solo qualcuno con cui condividerlo. Per molti sono un rifugio nel quale riversare le proprie emozioni”. Tuttavia, anche questo tipo di sostegno può diventare un peso insostenibile: “Mi sento come se avessi ustioni di terzo grado sulla pelle”, ammette, confessando anche quanto sia difficile accettare il conforto fisico degli altri in questo tragico periodo.
Con la saggezza di un insegnamento ricevuto anni prima, Rachel invita le persone ad abbracciare la vera “chessed” – la gentilezza autentica. Imparare a dare supporto significa chiedersi di cosa ha veramente bisogno la persona che abbiamo di fronte, senza proiettare i nostri desideri o aspettative. È una sfida, riconosce Rachel, ma una lezione fondamentale per offrire spazio e respiro a chi soffre. Ogni passo, ogni sorriso, ogni momento di tregua è un piccolo traguardo per Rachel e le sue figlie. Eppure, la tristezza e il dolore degli altri spesso interrompono questi attimi, rubando quella fragile serenità. A volte, basta un sorriso o un saluto, un gesto di supporto senza invadere il loro spazio emotivo, sperando in un futuro in cui Rachel possa avere la forza di sostenere anche il dolore altrui.
In questo periodo di crisi, Rachel riflette anche sulla condizione del popolo ebraico, “a un bivio”. Nella lettera rievocano gli insegnamenti della madre, il valore di trattare gli altri con rispetto e dignità, come se “ogni persona potesse essere un Messiah, travestito da persona comune”.
Per Rachel, la speranza è un obbligo: nonostante la sofferenza, crede che sia possibile riscoprire il valore dell’ascolto e del dialogo, oltre che della gentilezza umana. “Spero e prego affinché usiamo tutte le nostre risorse creative e divine per riuscirci” afferma con determinazione. In un periodo così tragico per il popolo israeliano, osserva che il dolore ha anche risvegliato il senso di responsabilità reciproca e solidarietà che caratterizza il mondo ebraico.
“Possa ognuno di noi conoscere giorni migliori e trovare conforto vero e rigenerante… al più presto,” conclude Rachel, con una fede incrollabile che, un giorno, insieme, sarà possibile rinascere dalle ceneri di questa tragedia.
Oltre il dolore: il cammino di una madre verso la luce della speranza
La lettera della madre di Hersh Goldberg-Polin, assassinato a Gaza due mesi fa