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    Cultura

    “Leggere Lolita a Teheran” e la realtà delle donne cancellate

    Sembra che l ‘Europa abbia rapidamente digerito la brutale esecuzione di Masha Amini, la ragazza iraniana arrestata e uccisa nel 2022 per non aver indossato in modo corretto l’hijbab. La violenza, la prevaricazione, l’annullamento totale: il buco nero in cui l’ideologia distruttiva degli ayatollah ha confinato le donne dell’Iran non smuove ormai da troppo tempo le corde emotive delle femministe nostrane che troviamo invece, ultimamente, a sostenere in piazza persino Khamenei.
    Ebbene è arrivato il momento di fare un bel ripasso di quel che dalla fine degli anni 70 continua ad avvenire in quei luoghi.
    “Leggere Lolita a Teheran”, presentato alla festa del cinema di Roma, è l’inizio ideale.
    Il film è l’adattamento cinematografico di un romanzo autobiografico del 2003, tradotto in 32 lingue e firmato dalla professoressa Azar Nafisi. È il tuffo nella terrificante realtà delle donne cancellate, per le quali anche la lettura di un romanzo angloamericano è un gesto rivoluzionario che potrebbe costare la vita.

    Diretto, con grande rigore, dal regista israeliano Eran Riklis, e cosceneggiato dall’autrice del libro, “Leggere Lolita a Teheran” ci racconta le speranze spezzate della protagonista, una giovane professoressa, fresca di studi di letteratura angloamericana negli Stati Uniti. Il suo rientro a casa, a Teheran, è gioioso: siamo all’inizio della rivoluzione islamica nel ‘79, in cui lei ha creduto, ed ora sta per insegnare all’università.
    Purtroppo rapido e inesorabile, guidato dal braccio violento della polizia morale, arriva per Aznar il crollo di ogni ambizione.
    La sua letteratura, da “Lolita” di Nabokv, al “Grande Gatsby” di Fitzgerald, ad “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen o “Daisy Miller” di Henry James, diventa moralmente inaccettabile per il dettato coranico. Così come i capelli femminili, costretti, per obbligo, dal velo.
    Le giovani studentesse, colte a manifestare, finiscono sbattute in carcere. Picchiate, stuprate, vittime di esecuzioni sommarie. Le categoriche sentenze di giovinotti barbuti e ottusi cominciano ad echeggiare, autorevoli, nelle aule universitarie.
    L’Iran si trasforma in una terra cupa e brutale. Una terra senza quartiere soprattutto per le donne con la dissoluzione progressiva e non negoziabile di ogni diritto elementare.
    Ed è allora che la piccola cellula di resistenza prende vita. La ormai ex professoressa ed un gruppo di irriducibili studentesse prendono a riunirsi in casa, clandestine, pronte a rischiare pur di non veder spegnere la loro attitudine al pensiero, leggono i libri all’indice, li commentano, riflettono su quella nuova cultura che le sta privando del futuro.
    Libere dal velo, con il colore che ne riaccende lo sguardo finiscono col chiedersi, ormai inutilmente: “Avreste mai pensato che sarebbe capitato a noi?” . E persino si impietosiscono per le ragazze che verranno. a cui persino sarà negato il ricordo. Anche di una passeggiata mano nella mano con un amore appena nato.
    “Leggere Lolita a Teheran” è la potenza di una storia che dallo schermo riesce a trasmetterci l’emozione di assistere alla tragedia epocale ancora in atto in Iran. Una sensazione disturbante che ci rendiamo conto di non poter comprendere fino in fondo, fortunatamente. Ma che non può non colpire profondamente ogni donna del mondo libero. Ognuna che pensi, che non possa capitare a noi.

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