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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Sukkòt: Una sukkà di pace

    R. Yosef Shalom Elyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) in Divrè Aggadà (p. 456) in un suo commento scritto negli anni Cinquanta, cita un passo della tefillà di ‘arvìt (preghiera serale del giorno festivo) dove è scritto: “… e stendi su di noi la Sukkà (la capanna) della Tua pace, benedetto tu o Signore, che stendi la capanna della pace su di noi e su tutto il Tuo popolo, Israele e su Gerusalemme”.
    La domanda che si pone è cosa c’entra la sukkà con la pace?
    R. Elyashiv scrive che dal giorno in cui nacquero i due fratelli, Caino ed Abele, la terra, che era tutta disabitata, diventò troppo piccola e di tanto in tanto si sente nel mondo lo squillo delle trombe di guerra. Le grandi potenze si operano per migliorare i loro armamenti per poter sopraffare gli avversari. D’altra parte ci si opera per preparare rifugi per la popolazione e dispositivi di difesa, anche se in certi casi non c’è molto da fare contro “l’angelo di distruzione” che è stato inventato (il riferimento è alla bomba atomica). Sembra proprio che tutta la scienza delle nazioni del mondo venga dedicata all’invenzione di strumenti di distruzione!
    L’assoluto contrario di tutti i sistemi di difesa è la sukkà d’Israele. Non c’è nulla nel mondo che sia piu indifeso di una sukkà, una capanna, alla quale per essere valida bastano due pareti e un pezzo di una terza parete. E per copertura solo qualche rametto e un po’ di fogliame. Questo è il nostro desiderio: che venga un giorno in cui il mondo possa abitare nella Sukkà di Israele che è il simbolo della “Sukkà della pace”, quel giorno in cui non sarà necessario cercare la protezione di rifugi sotterranei.
    Nel Talmud Babilonese (‘Avodà Zarà, 3a) è raccontato che nel futuro il Signore metterà alla prova le nazioni del mondo chiedendo loro di osservare una facile mitzvà, quella di abitare nella sukkà, ed essi falliranno miseramente in questa prova.
    Nel passo talmudico è detto che ogni gentile prenderà i materiali e andrà a costruire una sukkà in cima al suo tetto. E il Santo Benedetto, riscalderà il sole nella stagione di Tammuz, cioè quella estiva, e chi sarà nella sua sukkà non essendo in grado di sopportare il calore, la prenderà a calci e se ne andrà, come è affermato: “Spezziamo i loro legami e gettiamo via le loro corde da noi” (Salmi, 2:3).
    Nel Talmud viene posta la domanda: Perché Dio riscalda il sole su di loro? Ma non hai detto che il Santo Benedetto non tratta tirannicamente le Sue creature? E viene risposto: Questo non è considerato un atteggiamento tirannico nei confronti dei gentili, perché anche per il popolo ebraico ci sono anni in cui la stagione estiva si estende fino alla festa di Sukkòt, e abitare nella sukkà provoca loro sofferenze. E viene posta la domanda: Non è vero che Rava dice che chi soffre nella sukkà è esentato dall’osservare la mitzvà della sukkà, e in queste circostanze anche a un ebreo è permesso di lasciare la sukkà? Se è così, perché i gentili vengono criticati per averla lasciata? E viene risposto: Ammesso che uno sia esentato dall’osservare la mitzvà e gli sia permesso di lasciare la sua sukkà, perché dovrebbe prenderla a calci?
    E tutto questo avviene perché fino a quando non verrà accettata la nostra preghiera di Rosh Hashanà e di Kippur nella quale diciamo: “Dai il timore di Te a tutte le tue creature … e diventino tutti un solo gruppo per eseguire la Tua volontà’”, si continuerà a vivere nel timore della morte per via delle guerre.

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