Cinquant’anni fa, il 9 ottobre 1974, moriva Oskar Schindler, l’imprenditore tedesco che salvò 1.200 ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio nazista durante la Shoah. Sepolto a Gerusalemme, nel 1967 è stato riconosciuto dallo Yad Vashem come ‘Giusto fra le nazioni’. A lui è stato dedicato il libro di Thomas Keneally “La lista di Schindler” del 1992, dal quale è tratto l’omonimo film del regista americano Steven Spielberg.
Oskar Schindler era nato nel 1908 in Moravia – allora provincia dell’Impero Austro-Ungarico – da una famiglia tedesca cattolica. Dopo essersi diplomato, iniziò a lavorare presso l’azienda di attrezzature agricole del padre e nel 1928 sposò Emilie Pelzl. Nel 1939 si iscrisse al partito nazista e a Cracovia acquistò una fabbrica di oggetti smaltati e munizioni di proprietà di un imprenditore ebreo che non avrebbe potuto più tenerla a causa della “arianizzazione” delle aziende polacche. La presa di coscienza da parte dell’industriale tedesco della terribile sorte degli ebrei, lo indusse ad impiegarli come mano d’opera per salvarne il più possibile. Nel 1943, nonostante la strage nazista del ghetto di Cracovia, Schindler riuscì a mettere in salvo 1.200 operai ebrei, trasferiti in un altro stabilimento, dove furono messi a fabbricare munizioni che non sarebbero mai state utilizzate.
Dopo l’avvento dei sovietici, scappò in Svizzera e poi si trasferì in Argentina. Nel 1957 fece ritorno in Germania ovest, aiutato dai ‘Schindlerjuden’, quegli stessi ebrei che Schindler con eroico coraggio era riuscito a salvare.
Oggi la ex fabbrica di Cracovia ospita un museo che ricostruisce queste vicende.