Pubblichiamo di seguito il discorso del Rabbino Capo di Roma Rav Riccardo Di Segni in occasione della cerimonia che si è tenuta al Tempio Maggiore per il ricordo del 7 ottobre.
La preghiera per il riposo delle vittime che ho appena letto inizia con le parole: “Signore pieno di misericordia concedi riposo sopra le tue ali”. Il testo di questa preghiera fu pubblicato per la prima volta da un rabbino italiano, Aharon Berekhia di Modena. Si aprì subito una discussione su alcune parole di quel testo che all’origine diceva “sotto le ali”. Normalmente il rifugio si trova sotto le ali, e allora perché chiediamo al Signore di stare sopra le sue ali? Nel Deuteronomio si parla di un’aquila che protegge i suoi piccoli mettendoli sopra le ali. Perché sopra e non sotto? Perché l’aquila vola molto in alto e per colpirla si lanciano frecce dal basso e lei per proteggere i figli interpone il suo corpo. Questa non è solo un’osservazione teologica, ma è narrazione della condizione ebraica. Letta in chiave storica dimostra l’angoscia ancestrale del popolo ebraico di essere esposto ad attacchi brutali, senza possibilità di difesa; un tempo con frecce e balestre, poi con armi da fuoco e oggi, oltre ai missili balistici, si paventa la bomba nucleare. Quello che è successo il sette ottobre non è per noi un episodio isolato ma la prosecuzione di una storia in forme nuove ma sempre con lo stesso significato: l’espressione di un odio cieco e insensato e che spesso ci lascia soli. Le organizzazioni internazionali che dovrebbero essere super partes si sono fatte cassa di risonanze dei più biechi pregiudizi antisemiti, usando due pesi e due misure. Deve essere chiaro che non si tratta di difendere gli ebrei, che in questi giorni devono stare attenti e guardarsi le spalle, ma la stessa democrazia, anche nei paesi più democratici, che hanno contribuito a costruire. E colgo l’occasione per esprimere gratitudine al governo che ci protegge con ogni mezzo.
L’esplosione dell’antisemitismo nei secoli, ogni volta per una ragione diversa, ha sempre segnalato il declino di una società. È ciclico, così come è ciclico il disastro che essa annuncia per la società che lo consente.
La preghiera che ho letto chiede un giusto riposo in cielo per le vittime. In terra questo riposo è negato. Le vittime non hanno pace. I corpi di molti diventano merce da barattare, come le teste tagliate conservate in freezer, i corpi carbonizzati dalle granate lanciate, fusi insieme al punto che neppure i medici legali riescono a distinguere; e dopo i corpi la memoria insultata da una campagna sistematica di disinformazione, distorsione, colpevolizzazione che si è scatenata fin dal giorno dopo il 7 ottobre.
Ne è derivata una ubriacatura collettiva che ha offuscato le menti di molti, intorno ad analisi manichee di oppressi contro oppressori. È in corso una celebrazione del terrorismo come atto rivoluzionario, che raccoglie consensi ecumenici dai giornali, alle scuole, alle università alle piazze. Negli anni di piombo le istituzioni e i partiti italiani riuscirono a frenare questo processo. Oggi sta dilagando.
Nessuno si illuda che la violenza auspicata da chi giustifica il terrorismo si fermi agli ebrei, sarebbe ingenuo.
La preghiera che ho recitato è un’invocazione al Signore pieno di misericordia. È di questa misericordia che abbiamo tutti bisogno e in questo luogo, dove ogni giorno si prega per la pace, noi continuiamo a sperare che i giorni dell’ira cessino presto e vi sia solo pace, perdono e pienezza di misericordia per tutti.