Il Tempio Maggiore gremito come nelle occasioni più solenni, la commozione che coinvolge tutti i presenti per due date legate da un filo rosso, il 7 Ottobre 2023 e il 9 Ottobre 1982: luoghi e situazioni apparentemente distanti, ma entrambe le volte era Sheminì Atzeret, entrambe le volte vi è stata una grande esplosione di antisemitismo in tutto il mondo, entrambe le volte il mondo ebraico è rimasto profondamente colpito.
Il 9 ottobre 1982 un commando di terroristi palestinesi colpì con un attentato terroristico la sinagoga di Roma, uccidendo il piccolo Stefano Gaj Taché di soli due anni e ferendo 40 persone, lasciando un segno profondo in tutta la comunità. Il 7 ottobre 2023 il pogrom jihadista di Hamas ha devastato il sud di Israele, con l’uccisione di oltre 1200 persone e il rapimento di più di 250 ostaggi, alcuni ancora prigionieri nella Striscia di Gaza.
All’ingresso del Tempio una distesa di palloncini gialli ricorda gli ostaggi. All’interno, un coro di voci bianche della Scuola ebraica Vittorio Polacco ha dato inizio con delicatezza alla commemorazione, presentata dal giornalista David Parenzo.
Gadiel Gaj Tachè, fratello di Stefano, ha pronunciato con profonda emozione le parole “עם אחד, לב אחד – un unico popolo, un unico cuore”. La comunità ebraica di Roma, il 9 ottobre 1982, ha dovuto rialzarsi, ricostruirsi e reinventarsi, ma il dolore di quella perdita è rimasto come una cicatrice profonda, una ferita che il tempo non ha mai guarito. Il 7 ottobre 2023, Israele ha dovuto affrontare un orrore simile, ma su una scala più vasta, e gli ebrei di tutto il mondo si sono trovati nuovamente uniti, resistendo all’odio e all’antisemitismo, che spesso si nasconde sotto le sembianze dell’antisionismo. In quel momento, non c’era spazio per la divisione, ma solo per la solidarietà e la forza di un popolo compatto, unito per Am Israel.
Le testimonianze in video dei sopravvissuti Shirel Gabbai, Daniel Lanternari, Angelica Edna Calò, Gavriel Kahn hanno permesso al pubblico di rivivere quelle terribili ore.
Il Rabbino Capo della Comunità di Roma Riccardo Di Segni ha dato voce alla sofferenza e alla resilienza di ogni ebreo: citando Primo Levi da “Se questo è un uomo” con la frase “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case” si è rivolto a chi attacca gli ebrei, pensando di insegnare la morale a chi di fatto rischia la vita, visto l’ampio dispiegamento di forze dell’ordine necessario a proteggere ogni funzione religiosa. Un richiamo a riflettere, un invito a non giudicare chi vive lontano dai pericoli della guerra e dalla sofferenza.
Dal Presidente della Comunità Victor Fadlun è partita la richiesta nelle menti di tutti: liberare gli ostaggi ancora prigionieri nelle mani di Hamas. È stato un appello alla dignità e all’umanità, che è risuonato potente nel silenzio del Tempio Maggiore di Roma carico di dolore e speranza.
Ma Israele non è sola. “Israele farà tutto il possibile per riportare a casa gli ostaggi”, come ha ribadito l’Ambasciatore israeliano in Italia, Jonathan Peled. Per Am Israel non c’è spazio per il pessimismo.
Tra gli interventi dei movimenti giovanili, il conclusivo intervento del Rav Eitan della Rocca e le note dell’Hatikvà, l’inno nazionale di Israele, si è chiusa la commemorazione, con l’appello condiviso da tutti del ritorno a casa dei nostri fratelli, ostaggi ormai da ben 365 giorni.