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    “Se Israele perde è peggio dell’Olocausto”: L’intervista a Bernard-Henri Lévy su La Stampa

    In un Medio Oriente sempre più infuocato, l’operazione del Mossad contro Hezbollah di questi giorni ha proiettato sulla regione l’ombra di una nuova e pericolosa escalation. Il filosofo francese Bernard-Henri Lévy, in un’intervista rilasciata a La Stampa in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro, Solitudine di Israele (La nave di Teseo), analizza la situazione attuale e le sfide che Israele sta affrontando dopo il 7 ottobre, data che ha segnato l’inizio di quella che definisce una “guerra esistenziale”. Secondo Lévy, la sopravvivenza di Israele è fondamentale e una sua eventuale sconfitta rappresenterebbe “una tragedia peggiore dell’Olocausto”.

    “Israele deve vincere,” afferma Lévy, evidenziando come il Paese sia sotto attacco su più fronti. “In Libano, Hezbollah minaccia vendetta, mentre Tsahal sposta le truppe verso nord. C’è Hezbollah, ci sono le milizie in Siria, gli houthi nel Mar Rosso, l’Iran e Hamas. Israele è sotto attacco da ogni parte,” prosegue, sottolineando la gravità della minaccia.

    Riflettendo sull’attacco del 7 ottobre che ha colpito Israele, Lévy respinge l’idea che la tragedia sia da attribuire a una presunta arroganza israeliana. “Non è questione di arroganza, ma di cosa sia possibile prevedere. Il pogrom del 7 ottobre è stato un evento impensabile, imprevedibile, imparabile. Pur avendo alcune informazioni, nessuno in Israele avrebbe potuto credere a uno scenario del genere, neanche avendocelo davanti agli occhi. È troppo nuovo, selvaggio, troppo inutile se non per il gusto della crudeltà.”

    Nonostante tutto, Lévy è convinto che lo spirito di Israele sia ancora vivo e vibrante. Per lui, la nazione è divisa tra chi vuole normalizzare il Paese, dimenticando i valori del giudaismo, e chi invece mantiene vivi i principi dei pionieri. “C’è tensione,” ammette, “ma per ora non sono pessimista sull’anima di Israele.”

    Quando si parla di Hamas, il filosofo è categorico: “Non esiste alcun accordo possibile con Hamas, se non quello per la liberazione degli ostaggi. E Hamas non li libererà perché sono la sua assicurazione, la sua arma di terrore più potente. Chi spera in un negoziato si illude.” Lévy continua: “Mi rifiuto di parlare di una soluzione politica finché gli ostaggi non saranno tornati a casa e Hamas non sarà stato sconfitto militarmente. Solo allora il suo mondo riconoscerà il disastro di quella strategia.”

    Lévy esprime inoltre preoccupazione per l’antisemitismo in crescita nel mondo, specialmente negli Stati Uniti, dove gli attacchi contro gli ebrei nei campus e nelle strade sono sempre più frequenti. “Criticare Israele è legittimo,” dichiara, “ma condannare la natura ebraica di Israele o gli ebrei in generale è diverso.” Trova inoltre assurde le proposte di espellere Israele dalle Nazioni Unite: “Questa non è critica politica, è antisemitismo.”

    Lévy presenterà il suo ultimo libro, Solitudine di Israele (La nave di Teseo), il 22 settembre alle 17:00 a Pordenone e il 23 settembre alle 17:30 a Milano, in un incontro con Maurizio Molinari e Andrée Ruth Shammah.

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