“Desidero farle pervenire i migliori auguri, esprimendole la riconoscenza della Repubblica per la sua preziosa testimonianza di ex deportata che ha contribuito a tenere viva la memoria della Shoah”. Questo il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del 100° compleanno di Goti Bauer, una degli ultimi testimoni della Shoah.
Fin dal suo ritorno, Bauer ha raccontato gli orrori vissuti durante la deportazione: “Ho iniziato subito, appena sono rientrata. E insistevo perché altri sopravvissuti testimoniassero – spiega in un’intervista al Corriere della Sera – Ma molti avevano scelto il silenzio”. Quindi è stata una delle prime testimoni a rompere il silenzio, rivolgendosi soprattutto ai giovani nelle scuole e dedicandosi anche alla formazione degli insegnanti.
Agata (Goti) Hershkovits nasce a Berechovo, in Cecoslovacchia, il 29 luglio 1924. Dopo aver vissuto a lungo a Fiume (all’epoca ancora italiana), viene arrestata il 1° maggio 1944 con i genitori e il fratello Tibor a Cremenaga, mentre tentavano di fuggire in Svizzera, traditi dalle stesse guide che erano state pagate per portarli in salvo. “Le guide, questi mascalzoni, erano estremamente gentili e servizievoli. – racconta Bauer nell’articolo dello storico Marcello Pezzetti su Repubblica – Davano la mano a chi era più in difficoltà per aiutarli. E continuavano a dire ‘Ancora un piccolo sforzo che siete arrivati al sicuro’ “. Prima viene detenuta nelle carceri di Varese, Como, Milano e poi internata nel campo di transito di Fossoli. Il 23 maggio 1944 viene deportata nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Qui passa la selezione con il fratello mentre i genitori sono mandati subito alle camere a gas. Nel novembre 1944 viene trasferita a Wilischtahl, in Sassonia, per lavorare in una fabbrica di munizioni e in seguito, ‘attraverso una marcia della morte’ arriva al campo di Theresienstadt, dove si trovava quando è stata liberata dai sovietici l’8 maggio 1945.
Goti torna sola in Italia, perché il fratello era stato ucciso a Buchenwald poco prima della fine della guerra. “Sono uscita dal campo a piedi. – racconta nell’intervista al Corriere della Sera – Ho camminato fino a una stazione ferroviaria, ma i treni cambiavano direzione ogni due fermate e bisognava scendere. Avevo paura di essere fermata e uccisa”. All’inizio viene accolta dalla famiglia Braida a Fiume. Poi decide di andare a Milano, dove conosce Rodolfo (Rudy) Bauer, un ufficiale degli Alpini, che sposa. Infine, si trasferisce con lui a L’Asmara, in Eritrea, e dopo la nascita delle due figlie si stabilisce definitivamente con la famiglia a Milano.
La sua storia è stata raccolta in numerose pubblicazioni e interviste. “Sono stata ricompensata da tante amicizie e da tanto affetto – spiega Bauer – ma il malessere e la preoccupazione sono sempre lì. Ho rivissuto Auschwitz ogni giorno della mia vita”. Nonostante ciò, aggiunge “Io continuo a rispondere a tutti perché, se si dimenticasse, qualcosa del genere potrebbe succedere di nuovo”.