Esistono uomini che riescono a trasmettere insegnamenti per tutta la vita, le cui parole anche oltre la morte continuano a rimanere ferme nel tempo, come quelle del Rebbe Menachem Mendel Schneerson, uno dei rabbini, pensatori e filosofi più importanti del Novecento. Proprio quest’anno cade l’anniversario che segna trent’anni dalla scomparsa del Rebbe, una figura che continua ad influenzare il mondo ebraico.
“La Mishnà, nel trattato Sotà, afferma: ‘Quando morirono Yosef ben Yoezer Ish Tzeridah e Yosef ben Yehudah Ish Yerushalayim, cessarono le ‘eshkolòt’ (lett. i grappoli)’. La Ghemarà spiega il termine “eshkolòt” come un composto di “ish she-hakol bo”, ovvero “un uomo che ha tutto in sé”. In altre parole, un individuo che incarna la perfezione e l’unità di qualità e ambiti diversi – racconta a Shalom Rav Shalom Hazan Responsabile del Centro Chabad del quartiere Monteverde, a Roma – In molti sensi, il Rebbe era un esempio lampante di questa figura, che univa i mondi e i contrasti, creando una sintesi eccezionale tra i diversi aspetti della realtà e dell’anima. Nella complessità e nella tensione tra il contraddittorio e il complementare, si nascondeva il segreto del suo fascino e della sua forza”.
Menachem Mendel Schneerson era nato nel 1902 a Nikolaev, nella Russia zarista. “Nato e cresciuto in una famiglia chassidica, figlio di una dinastia di illustri Maestri e guide, nonostante i suoi talenti, scelse di vivere con modestia e semplicità, dedicando il suo tempo allo studio e al servizio divino interiore e nascosto agli occhi del pubblico – racconta Shalom Hazan – Anche quando fu costretto a lasciare l’Unione Sovietica, continuò su questa strada. Arrivato a Berlino e poi a Parigi, si stabilì nella grande città come un uomo anonimo, lavorando come ingegnere elettrico per mantenersi e nascondendo la sua vera identità di studioso di Torà di grande statura” aggiunge Rav Hazan. Dopo una vita dedicata completamente al movimento chassidico e alla divulgazione del pensiero ebraico, il Rebbe si spense a New York nel 1994, il 3 di Tammuz secondo il calendario ebraico. Oggi i suoi insegnamenti, una vera eredità morale, continuano ad essere studiati e divulgati in tutto il mondo grazie al movimento Chabad Lubavitch, presente dagli anni ‘70 anche nella Capitale, e dagli anni ‘40 in tutta Italia.
L’eredità del Rebbe, che era animato da un profondo senso di missione, è particolarmente importante e si rinnova nonostante il passare del tempo: “Dedicò la sua vita alla guida del pubblico e alla diffusione della Torà, dell’ebraismo e dell’amore per Israele. Il Rebbe riuscì a creare una sintesi tra l’aspetto nascosto e personale e il suo ruolo di leader e guida per molti. Il suo successo nel coniugare i mondi, nel mantenere l’interiorità e la modestia anche nel bel mezzo di una vasta attività pubblica” aggiunge Rav Shalom Hazan. Fu proprio la sua figura e la sua umiltà a renderlo così amato dai suoi seguaci in tutto il mondo.
Foto gentilmente condivise da Rav Shalom Hazan