Se n’è andata Maria Rosaria Omaggio. Ci telefonò per la prima volta nel 2012. Le serviva una ripresa ben fatta del mare di Tel Aviv. La voleva per “Il balcone di Golda”, lo spettacolo che poi portò in scena al Piccolo Eliseo e che io e Raffaella Spizzichino aiutammo nella produzione. Non poteva certo accontentarsi, ci spiegò, di un mare qualunque, perché nello spettacolo doveva esserci proprio il mare di Golda Meir, come le immagini originali, che chiedemmo allo Yad Vashem, degli ebrei sopravvissuti alla Shoah, rinchiusi nei campi profughi mentre speravano di raggiungere la terra promessa dopo tante tribolazioni.
Facemmo la ripresa, cercando una luce d’altri tempi, che legasse quelle onde, di un’acqua quel giorno particolarmente limpida, ad un periodo relativamente lontano. Così Marò ebbe il suo mare. E anche la sua Golda, che era interpretata da Paola Gassman. Lo spettacolo fu presentato anche alle scuole e molti studenti scoprirono la figura di Golda grazie alla tenacia di Marò. Poi si aprì un filone artistico per Maria Rosaria, da sempre interessata alla cultura ebraica, che conosceva molto bene. Per alcuni anni ci propose testi e spettacoli per Ebraica Festival, aggiungendo ad ogni edizione un tassello di conoscenza e di arte al nostro percorso. Ripropose Golda, ma questa volta nella lunga intervista che le fece Oriana Fallaci. E chi meglio di lei poteva interpretare Oriana, con tutta la somiglianza che la legava al personaggio e quella straordinaria capacità che aveva di interpretarlo (Andrzej Wajda in seguito la scelse nel ruolo della Fallaci per il suo “Walesa – L’uomo della speranza”).
Le venne poi l’idea di una performance del tutto innovativa attorno a “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Una coreografica di danza contemporanea, creata da Mario Piazza, cucita sui testi di Levi, interpretati dalla sua voce persino in versione rap. Quando ce ne parlò per la prima volta, ci sembrò di primo impatto una proposta un po’ dissacrante, azzardata. Eppure anche in quella occasione ci fu fiducia reciproca e l’effetto fu magnifico e irripetibile, ripagando anche le fatiche produttive per le numerose prove che lei giustamente esigeva. Ai Giardini del Tempio, sotto la grande Sinagoga di Roma, quella sera arrangiammo più di una replica, tanta era l’affluenza di persone che volevano assistere allo spettacolo. La performance di “Se questo è un uomo” oltre ad essere una sperimentazione artistica per Marò era il suo tentativo di raggiungere attraverso quel nuovo linguaggio più persone possibili.
L’amore per la poesia in Maria Rosaria coincideva con quello per la musica, alla quale prestava molta attenzione, perché ogni nota doveva intrecciarsi con le parole che pronunciava, in un determinato modo che solo lei aveva in mente. Alla poesia israeliana dedicò l’ultimo suo spettacolo che ospitammo, “Dicono della mia terra. Pagine su Israele” (realizzato con Ghila Piattelli) interpretato da lei e da Pino Quartullo, con le musiche di Oscar Bonelli. Era Israele in un dialogo tra scrittori lontani nel tempo: Lea Goldberg, Amos Oz, Sayed Kashua, Eshkol Nevo, Yehuda Amichai e tanti altri, uniti quella sera dalla voce di quei due magnifici attori. Per volere di Marò tutto il cast indossava una casacca bianca e una sciarpa azzurra, erano i colori della bandiera d’Israele.
Dopo questo, per la verità, i percorsi del festival e quelli di Marò andarono per strade diverse. Ed oggi che ci ha lasciati, forse con un pò rimpianto, raccontiamo questa pagina non scritta della sua storia e che continua a vivere nel suo ricordo.