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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Shelàkh: Calèv, il combattente ottantacinquenne

    Calev, uno dei protagonisti di questa parashà, riappare nel libro di Yehoshua’ (Giosuè, 14: 6-8): “Ora i figli di Yehudà si accostarono a Yehoshua’ a Ghilgal; e Calev, figlio di Yefunnè, il kenizeo, gli disse: Tu sai quel che l’Eterno disse a Moshè, uomo di Dio, riguardo a me ed a te a Kadesh-Barnea’. Io avevo quarant’anni quando Moshè, servo dell’Eterno, mi mandò da Kadesh-Barnea’ ad esplorare il paese; e io gli feci la mia relazione con sincerità di cuore. Ma i miei fratelli che erano saliti con me, scoraggiarono il popolo, mentre io seguii pienamente l’Eterno, il mio Dio”.
    Rashi (Troyes, 1040-1105) nel trattato Sotà (11b, ultima riga) spiega che Calev è chiamato “il kenizeo” perchè dopo la morte dela padre Yefunnè, la madre si risposò con Kenaz, dal quale ebbe un altro noto figlio chiamato ‘Otniel. Pertanto Calev prese il patronimico del patrigno Kenaz.
    In questo passo del libro di Yehoshua’, Calev ripete quello che avvenne quarantacinque anni prima. Moshè aveva mandato dodici rappresentanti di altrettante tribù per esplorare la terra di Canaan; dieci esploratori, per mancanza di fede nell’Eterno, avevano scoraggiato il popolo dicendo che non era possibile conquistare il paese. Solo Yehoshua’ e Calev avevano detto: “Il paese nel quale siamo passati è molto buono. Se l’Eterno ci è favorevole, ci porterà in quel paese e ce lo darà; è una terra che stilla latte e miele” (Bemidbàr, 14: 7-8).
    Quarant’anni dopo, Moshè ricordò l’episodio alle tribù di Reuven e Gad che avevano chiesto di ricevere le terre in Transgiordania conquistate dai re Sichòn e ‘Og, dicendo:”E l’ira dell’Eterno s’accese in quel giorno, ed egli giurò dicendo: Gli uomini che sono saliti dall’Egitto, dall’età di vent’anni in su non vedranno mai il paese che promisi con giuramento ad Avraham, a Yitzchak e a Ya’akov, perché non mi hanno seguitato fedelmente, salvo Calev, figlio di Yefunnè, il kenizeo, e Yehoshua’, figlio di Nun, che hanno seguito l’Eterno fedelmente. E l’ira dell’Eterno si accese contro Israele; ed lo fece andar vagando per il deserto durante quarant’anni, finché tutta la generazione che aveva fatto quel male agli occhi dell’Eterno, fosse consumata” (Bemidbàr, 32: 10-13).
    Gli israeliti erano entrati nella terra di Canaan dopo quarant’anni guidati da Yehoshua’. Calev colse l’occasione per chiedere la sua giusta ricompensa e disse a Yehoshua’:”Ed ora ecco, l’Eterno mi ha conservato in vita, come aveva detto, durante i quarantacinque anni ormai trascorsi da che l’Eterno disse quella parola a Moshè, quando Israele viaggiava nel deserto; ed ora ecco che ho ottantacinque anni; sono oggi ancora robusto com’ero il giorno che Moshè mi mandò; le mie forze son le stesse d’allora, tanto per combattere quanto per andare e venire. Or dunque dammi questo monte del quale l’Eterno parlò quel giorno […] Allora Yehoshua’ lo benedisse, e dette Hebron come eredità a Calev, figlio di Yefunnè. Per questo Calev, figlio di Yefunnè, il kenizeo, ha avuto Hebron come eredità, fino al dì d’oggi: perché aveva pienamente seguito l’Eterno, l’Iddio d’Israele”(Yehoshua’, 14: 10-14).
    Nella storia ebraica vi sono due personalità con il nome Calev. Uno è Calev figlio di Chetzron, citato in Cronache (I, 2:18). L’altro è Calev figlio di Yefunnè, che appare nella nostra parashà, citato in un altro capitolo (Cronache, I, 4:14). Così spiega Ghersonide (Francia, 1288-1344) nel suo commento alle Cronache. Il Ghersonide fa quindi notare che Bezalel, il capo architetto del Tabernacolo, era bisnipote di Calev figlio di Chetzron e non di Calev figlio di Yefunnè, come scrivono altri commentatori delle Scritture.

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