E’ ormai chiaro da tempo che l’Unione Europea fa una politica decisamente filopalestinese e altrettanto decisamente antisraeliana, anche nello sforzo di tutelare l’Iran dalle sanzioni che gli Usa gli hanno imposto innanzitutto per il suo imperialismo in Medio Oriente, che comporta l’intenzione mille volte ribadita di “cancellare Israele dalla carta geografica”. E non solo i vertici comunitari, ma anche la maggior parte dei paesi che compongono l’Unione Europea hanno posizioni simili: lo si è visto nella recente consueta raffica di risoluzioni antisraeliane all’Assemblea generale dell’Onu, dove è stato visto come un grande successo di Israele il fatto che 13 paesi europei votassero contro e gli altri si astenessero (l’Italia fra questi ultimi) su una di queste risoluzione, mentre per le altre l’Europa ha votato come al solito contro Israele. (https://www.timesofisrael.com/in-surprise-change-13-countries-vote-against-pro-palestine-un-resolution/). Il problema però non sono solo i governi, ma anche i popoli. Un recente sondaggio ha mostrato che gli inglesi, anche se non approvano il BDS, hanno più simpatia per la “Palestina” che per Israele (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/272752). Di recente poi, in molte università americane si è diffuso il tentativo di boicottare non solo Israele (e magari il cibo kasher, come è accaduto a Toronto, o per aver fatto un viaggio in Israele come alla McGill), ma anche per le imprese che sono considerate, per imperscrutabili motivi, ma sostanzialmente perché fanno affari in Israele, “antipalestinesi” (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/272675). Quando si parla di crescita dell’antisemitismo, bisogna pensare anche a questo, alla crescente pressione per isolare Israele sul piano economico, ma anche delle relazioni umane, perfino fra ebrei. Il tutto, naturalmente, in nome della “pace” e della “giustizia”.