Il senatore “socialista” Bernie Sanders, attualmente secondo nella corsa alla nomination del candidato democratico per le elezioni americane dell’anno prossimo dietro il moderato Joe Biden, ma con forti possibilità di superarlo, ha dichiarato che se fosse eletto trasferirebbe parte dei fondi destinati al sostegno militare di Israele “a Gaza”, cioè a Hamas. Non a caso ha avuto l’appoggio della “squadra” delle deputate filo-islamiche e antisemite entrate al Congresso l’anno scorso, come Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Rashida Tlaib. La senatrice Elizabeth Warren, anche lei candidata alla nomination, attualmente al terzo posto dopo Sanders e anche lei estremista di sinistra, si è limitata a dichiare che userà gli aiuti militari come strumento di pressione sul governo israeliano per indurlo a soddisfare le pretese palestinesi. Altri candidati meno piazzati ma significativi hanno fatto dichiarazioni analoghe. Tutti vogliono riattivare il vecchio accordo con l’Iran, togliendo le sanzioni di Trump. Insomma, salvo in parte il prudente Biden, che era il vice di Obama, i candidati democratici alla presidenza Usa sono dichiaratamente antisraeliani. Questo abbandono di Israele è una tendenza comune a tutti i partiti progressisti occidentali, anche quelli democratici che fino a poco tempo fa non erano ostili allo stato ebraico, per esempio i laburisti britannici. Se a dicembre Corbyn vincesse le elezioni, i sondaggi dicono che un 40% degli ebrei inglesi considererebbe l’idea di emigrare. In Italia del resto abbiamo un ministro degli esteri (Di Maio) e il suo sottosegretario che si occupa di Medio Oriente (Di Stefano), che hanno spesso mostrato ostilità verso Israele. E’ una situazione molto pericolosa. Se si invertisse l’attuale prevalenza del centrodestra e le sinistre tornassero al potere in Usa e nel resto dell’Occidente, l’isolamento di Israele e l’antisemitismo istituzionale conseguente sarebbero all’ordine del giorno.