Una delle mitzvòt della Torà per la festa di Succòt è di prendere le quattro specie come è scritto: “E vi prenderete il primo giorno un frutto di bell’aspetto [perì etz hadàr], rami di palme [il lulàv] e rami dell’albero della mortella [tre hadassìm] e rami di salice [due ‘arvè nàchal] e vi rallegrerete davanti all’Eterno vostro Dio per sette giorni” (Vaykrà, 23:40). La mitzvàdella Torà è di prendere le quattro specie solo per il primo giorno di Succòt, tuttavia dopo la distruzione del Bet Ha-Mikdàsh, rabbi Yochanan Ben Zakkai, che era il presidente del Sanhedrin, istituì la mitzvà rabbinica di prendere le quattro specie per tutti i sette giorni diSuccòt, per ricordare il Bet ha-Mikdàsh.
Grazie alla nostra tradizione, la Torà orale, sappiamo che “il frutto di bell’aspetto” è il cedro [etròg]. Una delle questioni che hanno generato una serie di discussioni tra i decisori di halakhàè quella degli etroghìminnestati [murkavìm] con dei rami di limone.
R. Shelomò Yosef Zevin (Belarus, 1888-1978, Gerusalemme) nella sua opera Ha-Moa’dìm be-Halakhà (p. 131-132) scrive che la principale autorità halakhica che trattò l’argomento fur. Moshè Alshikh (Adrianopoli, 1508-1593, Safed) che in un suo responso (n. 110) si dilunga nel dichiarare inadatti i cedri i cui alberi sono stati innestati. Nei responsi di R. Moshè Isserles (Cracovia, 1530-1572) viene citato R. Shemuel Yehudà Katzenellenbogen (Padova, 1521-1597) che afferma a nome di suo padre R. Meir, “…che a Padova la comunità disponeva di un solo etròg. E quando inviarono l’etrògdalla comunità degli ashkenaziti a quella degli italiani, il messaggero fu assalito da degli studenti (della locale università) che gli rubarono l’etròg e lo restituirono solo dopo aver ricevuto un pagamento esoso. R. Meir di Padova non volle usare degli etroghìm innestati che erano molto numerosi in città al posto di quello rubato” (responsi Rema, n. 126). In quel responso vengono citati vari motivi per i quali i cedri innestati non sono validi: il primo è che è stata fatta una trasgressione nel mischiare due specie di frutti perché la cosa è proibita anche ai Noachidi. Altri motivi sono che con l’innesto il frutto è considerato un limone e non più un cedro o per lo meno anche se non è un limone è solo parzialmente un cedro.
L’argomento deglietroghìmdell’isola di Corfù viene trattato in diverse opere di responsi. A Corfù vi era una consistente comunità ebraica arrivata nell’isola dopo la cacciata degli ebrei dalla Sicilia e dall’Italia meridionale, in possesso alla Spagna, dopo il 1492. Corfù era stata per centinaia di anni sotto il dominio della Repubblica di Venezia, e gli ebrei corfioti parlavano un dialetto veneziano e convivevano con la popolazione greca. A Corfù vi erano numerose piantagioni di cedri pregiati che venivano usati per la festa di Succòt dalla comunità locale e anche esportati. Con tutto ciò si era creato il dubbio che i cedri di Corfù fossero innestati.
Nel 1871 il rav della comunità di Kalish in Polonia si rivolse a rav Yizchak Tedeschi (Ancona, 1826-1908), rabbino capo di Corfù, per verificare la validità dei cedri locali. Rav Tedeschi rispose (resp. n. 20) che i cedri di Corfù possono essere usati per la mitzvà di Succòtsenza alcun dubbio e lui stesso pone la sua firma sui cedri validi che vengono da Corfù. Il clima di quelle regioni è caldo e i cedri non hanno bisogno di essere innestati e al contrario quelli che vengono innestati perdono di qualità. Inoltre gli agricoltori che coltivano i cedri stanno molto attenti a non innestarli perché tutte le vendite sono destinate agli ebrei per le festa di Succòt.
Tuttavia nel 1876, i rabbini lituani proibirono l’acquisto dei cedri di Corfù a seguito di un pogrom che causò anche l’emigrazione in massa degli ebrei corfioti da Corfù. Molti di essi andarono ad abitare a Venezia e a Trieste.