In ospedale, a Jenin
Una vecchia incapace di camminare con una coperta sulle ginocchia su quella che dalla telecamera di sorveglianza sembra una sedia a rotelle, spinta da due parenti; e poi medici, infermieri, personaggi in costume arabo, una donna con un cestone. D’improvviso tutti abbandonano i loro travestimenti, tirano fuori le armi automatiche e si muovono in maniera efficiente e coordinata in un ambiente che ha l’aria della sala d’aspetto di un ospedale, ma che nasconde un nucleo terrorista. Dopo dieci minuti tre pericolosi terroristi sono eliminati e gli incursori spariscono. Non è una scena di Fauda, ma quel che è accaduto davvero nei giorni scorsi nell’ospedale di Jenin, in un filmato pubblicato da fonti palestinesi. I portavoce militari israeliani confermano che è stata liquidata una cellula pericolosa, che stava progettando incursioni in stile 7 ottobre.
Le azioni dei corpi speciali
Non è la prima volta che accade. Anzi, è quasi sistematico. In altri filmati delle scorse settimane si vedono camion per il trasporto di merci, donne debitamente velate, automobili civili un po’ scassati con la targa palestinese, furgoni di tutti i tipi. Sono tutti travestimenti che servono alle forze dell’ordine di Israele di arrivare senza farsi riconoscere a portata dei terroristi. È grazie all’audacia e all’inventiva delle loro azioni che le cellule terroriste in Giudea e Samaria hanno potuto finora fare danni molto limitati nel corso della guerra: vi sono state centinaia di azioni, migliaia di perquisizioni e di arresti, e circa 374 terroristi liquidati. Talvolta si tratta di incursioni sotto travestimento come quest’ultima, più spesso, per circondare interi quartieri e eliminare pericoli consistenti, agiscono forze più ampie che usano mezzi e trasporti truppe blindati, spesso preceduti da bulldozer che strappano l’asfalto sulle strade davanti ai mezzi militari, in modo da far emergere le bombe sotterranee che spesso vi sono nascoste.
Lo Yamam
L’azione di Jenin è stata un’operazione congiunta di esercito, Shabak (l’agenzia di sicurezza interna, il cui nome è la vocalizzazione delle iniziali Shin-Bet, sigla dell’espressione ebraica Sherùt ha-Bitachòn ha-Klalì che significa “servizio di sicurezza generale”) e soprattutto dello Yamam (un’altra sigla che sta per Yeḥida Merkazit Meyuḥedet, cioè “unità speciale centrale”) della polizia di frontiera, nata nel 1974, di cui si dice che abbia un organico di circa 200 uomini, per lo più reduci dai corpi speciali delle forze armate, sottoposti a allenamento intensivo e addestrati a muoversi sotto travestimento.
Gli altri reparti di Mista’arvim
Per questo aspetto di agire travestiti da palestinesi, Yamem e le altre unità analoghe (fra le altre l’Unità 367 delle forze armate, detta Shimshon, cioè, Sansone; Duvdevan, ossia “ciliegia”, ufficialmente unità 217 della 89ª Brigata delle forze armate; i Gideonim, “Gedeoni”, unità 33 della polizia), sono chiamati Mista’arvim, cioè più o meno “gli arabizzanti”: un nome che ricorre anche in Fauda. Per un verso essi sono gli eredi dei coraggiosissimi agenti segreti del Mossad (“l’Istituto”, cioè il servizio di sicurezza esterno), ebrei provenienti dai paesi arabi che a partire dalla guerra d’Indipendenza hanno agito sotto travestimento nei paesi da cui erano immigrati, fornendo preziosissime informazioni alla difesa di Israele; il più famoso di loro è Eli Cohen, ebreo egiziano e celebre agente in Siria ai tempi della guerra dei sei giorni.
La Sayeret
Per altro verso questi reparti derivano dalle unità Sayeret (letteralmente, pattuglia commando o reparti di ricognizione, articolati a seconda delle unità come Palsar, cioè Plugat Siyur, “compagnia di ricognizione” o Gadsar, cioè Gdud siyur, “battaglione da ricognizione”. Ce n’è in tutti i reparti delle forze armate, fra cui Shayetet 13 (flottiglia 13) della Marina, Sayeret Shaldag dell’Aeronautica, Sayeret Matkal dello Stato Maggiore, Sayeret Golani della brigata Golani, di per sé un reparto di eccellenza; Sayéret Yahalóm del genio militare, particolarmente impegnata in questi giorni nella liquidazione dei tunnel di Hamas. Insomma Israele combatte con la tecnologia elettronica, che talvolta può fallire, come è accaduto il 7 ottobre; con l’aviazione, che è preziosa ma in molti casi non può intervenire. Ma soprattutto vince grazie ai suoi eroi che affrontano il corpo a corpo il nemico, usando la forza e l’astuzia insieme.