Sentimenti di ostilità per Israele e le comunità della diaspora, le difficoltà del dialogo ebraico-cristiano, i rapporti con le istituzioni e la politica. Questi i temi che, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria, il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni ha affrontato in un’intervista rilasciata a Il Giornale.
L’ultimo segnale inquietante di ostilità nei confronti dello Stato ebraico, “l’unico a essere messo sotto accusa, l’unico contro il quale ci si mobilita”, dice il Rav, si è manifestato sabato scorso con l’assalto alla Fiera dell’oro di Vicenza, che ha fatto emergere anche “un aspetto violento nato da ambienti in cui serpeggia la simpatia per movimenti sovversivi”.
Il mondo ebraico si trova ad affrontare un passaggio storico doloroso dopo il 7 ottobre che “è frutto di una brutalità, che ci riporta indietro di decenni o secoli” all’indomani del quale “si affacciano sentimenti e comportamenti che credevamo sepolti”.
Per ciò che riguarda la partecipazione alla Giornata della Memoria “c’è un grande dibattito nella comunità ebraica – continua Rav Di Segni – anche per le accuse dell’Aia, dove le prospettive si sono ribaltate. Ora dal banco dei testimoni siamo passati al banco degli accusati”.
Nell’intervista il Rav avverte questa ostilità su diversi piani, incluso quello personale: pochi giorni dopo il 7 ottobre, infatti, è stato vittima di un’aggressione verbale. Ribadisce, inoltre, che sono stati fatti passi indietro nel dialogo interreligioso, come anche la delusione della comunità ebraica per le posizioni del Vaticano.
Tuttavia, giungono dal Governo italiano “manifestazioni di solidarietà e dichiarazioni importanti, ma anche comportamenti concreti, sul campo – spiega il Rav – come l’aumento dell’attenzione e della sicurezza per i nostri luoghi”.
Nonostante nutra speranza per una pacifica soluzione di questa crisi, il Rav esprime al momento “preoccupazione perché non vedo ancora la luce in fondo al tunnel”.