di Georges de Canino
C’è stato un tempo in Europa tra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX, in cui si sono susseguite ondate di fughe, emigrazioni in massa di ebrei provenienti dalla Polonia, Ucraina, dal Baltico, satelliti dell’Impero russo. La politica e la legislazione antiebraica zarista colpivano le popolazioni sottoposte a restrizioni e repressioni , gli ebrei aspiravano da tempo ad affermare la loro emancipazione e libertà. Il regno dello zar Alessandro III espresse la peggior politica reazionaria, antisemita e repressiva della storia russa. Antonietta Raphael De Simon, nata a Kowno (Kaunas) nel 1895, figlia e nipote di rabbini, dovette abbandonare bambina la terra natale per trovare rifugio a Londra. Si trasferì insieme alla madre Chaja, dove si diplomò in pianoforte al Conservatorio, frequentando circoli artistici, patendo la fame e ogni sorta di privazione. Andò a Parigi nel 1924. Nel 1925 si trasferì a Roma . Le sue affinità artistiche la collocano tra Soutine, Modigliani, Chagall, portando nelle mani e in braccio il mondo dei rabbini, le fiabe russe, le solitudini delle donne contadine, i canti e l’aria delle antiche sinagoghe splendenti di luce, l’oro delle icone, i colori delle stampe popolari, diffuse nei villaggi. A Roma esisteva una colonia russa vivace, dove anti zaristi come Olga Resnevic Signorelli insieme a poeti, pittori, scrittori e musicisti, principi e principesse frequentavano gli stessi circoli, organizzando beneficenza per la popolazione povera di Trastevere. Artisti che in Russia non trovavano quella libertà di cui godevano a Roma. A Londra, Raphael era stata allieva dello scultore Jacob Epstein, l’autore del monumento funebre di Oscar Wilde a Parigi. La mostra romana, a cura di Cesare Terracina, alla Galleria Aleandri presenta una raccolta di opere della Raphael, il catalogo con testi di Giuseppe Appella, il contributo di Giulia Mafai, figlia dell’artista e lei stessa artista costumista. Un’ affascinante introduzione alla personalità dell’artista di Cesare Terracina esplora l’opera della Raphael in chiave ebraica. A Roma la Raphael espressionista approdò per formare il trio degli artisti: Mario Mafai, Scipione (Gino Bonichi) e Raphael, gruppo che venne consacrato dal critico e storico Roberto Longhi, in un articolo apparso nel 1929, chiamando semplicemente il movimento “Scuola di via Cavour”. La mostra alla Galleria Aleandri apre e spalanca i capolavori della Raphael, davanti ai nostri occhi. Segnalo le opere dipinte il Tempio del cielo a Pechino del 1956, Due bimbedel 1958, le sculture Ritratto di Giulia del 1936 , Eva del 1948, la testa ritratto del giovane pittore Guttuso del 1943, opere che danno titoli all’artista lituana. Possiamo affermare che la Raphael è nostra meravigliosa contemporanea.